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giovedì 17 febbraio 2011

EDILIZIA: ABUSO - DEMOLIZIONE - ACQUISIZIONE DEL BENE

Il Sig. G. è proprietario di un terreno sul quale ha realizzato un immobile abusivo.

Per tale fatto è stato tratto a giudizio penale, nel corso del quale il Giudice ha disposto il sequestro giudiziario del manufatto.

Nello stesso tempo il Comune emetteva l’ordine di sospensione dei lavori ed in seguito l’ordinanza di demolizione dell’opera abusiva, da eseguirsi entro novanta giorni.

Tale ordinanza, tuttavia, non veniva eseguita da parte del Sig. G., il quale riteneva di non poter intervenire sull’immobile perché sottoposto a sequestro penale.

Decorreva così il termine di novanta giorni fissato nell’ordinanza di demolizione senza che il contravventore procedesse alla demolizione delle opere abusive.

Successivamente interveniva la sentenza del Giudice penale, che dichiarava il reato estinto per prescrizione, disponendo, pertanto, il dissequestro del manufatto abusivo e la sua restituzione a favore dell'ente comunale.

Il Sig. G. chiede se, essendo il reato estinto, non avesse lui diritto alla restituzione dell’immobile.


Al riguardo bisogna analizzare la disciplina contenuta nell’art. 7 della legge 28.2.1985 n. 47, ed ora nell'art. 31 del D.P.R. 6.6.2001 n. 380 (Testo Unico in materia edilizia).

La norma prevede che l’Autorità Comunale, accertato l'abuso edilizio, ingiunge al proprietario ed al responsabile dell'abuso la demolizione dell'immobile abusivo.

Se il responsabile non provvede alla demolizione nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, l'immobile è acquisito di diritto gratuitamente al patrimonio comunale.

Nel caso del Sig. G., non avendo questi ottemperato all’ordine di demolizione, si è verificata automaticamente l’acquisizione dell’immobile in favore dell’Amministrazione Comunale.


Il giudice penale, quindi, ha correttamente disposto la restituzione dell’immobile al Comune anzichè all’imputato.

Va precisato, al riguardo, che la notifica dell'accertamento formale dell'inottemperanza, successivamente alla scadenza dei novanta giorni, prevista dall'art. 31 del D.P.R. 6.6.2001 n. 380, è necessaria solo al fine dell'immissione in possesso del Comune e della trascrizione nei registri immobiliari.

In altre parole, l’omissione di tale notifica e della successiva trascrizione non impedisce l’acquisizione del bene (e dell'area di sedime) al patrimonio comunale, dal momento che tale effetto ablatorio si verifica "ope legis", cioè automaticamente, come conseguenza del decorso del termine fissato nell’ordinanza.

Neppure si può dire che l’ordinanza di demolizione non avrebbe potuto essere eseguita poichè l’immobile si trovava sotto sequestro penale, per cui la sua eventuale manomissione avrebbe inverato il reato di cui all’art. 349 c.p. (violazione di sigilli).
La giurisprudenza, infatti, ritiene che, in presenza di un sequestro penale del manufatto abusivo, il responsabile, tenuto alla demolizione dell’opera in forza dell’ordinanza comunale, ben può richiedere all'autorità giudiziaria procedente l'autorizzazione ad accedere al luogo vincolato ai fini della demolizione stessa.

Alla luce di quanto esposto, possiamo concludere in questo senso: pur essendo il reato prescritto, non si ha diritto alla restituzione dell’immobile perché questo è stato acquisito automaticamente al Comune per effetto dell’inottemperanza all’ordine di demolizione nel termine di novanta giorni.

EDILIZIA: LOTTIZZAZIONE ABUSIVA - REATI URBANISTICI

In via del tutto preliminare osservo che, nel nostro ordinamento giuridico, i reati urbanistici hanno natura di fatti contravvenzionali.

In linea generale, i predetti reati vengono sottoposti alla seguente disciplina:

Sono imputabili all’agente indifferentemente a titolo di dolo o di colpa ex art. 42, comma 4, codice penale;
Il tentativo non è configurabile;
Il concorso di persone viene regolato soltanto dall’art. 110 codice penale;
Non trovano applicazione tutte quelle circostanze che la legge attribuisce ai soli delitti (esempio: circostanze aggravanti previste nell’art. 61 nn. 3 e 7 ed 8 e la circostanza attenuante prevista dall’art. 62 n. 4 c.p.).
Inoltre, i reati urbanistici hanno natura permanente(1) in quanto l’attività criminosa si protrae per tutto il tempo in cui i lavori sono in corso.

Il bene giuridico tutelato dalle norme incriminatrici in materia di abusivismo edilizio non è dato solo dalla necessità di sottoporre l’attività edilizia al preventivo controllo della pubblica amministrazione, ma è rappresentato, anche e soprattutto, dall’interesse sostanziale alla tutela del territorio, il cui sviluppo deve compiersi in rispondenza alle previsioni urbanistiche.

Tutto ciò premesso e riportato osservo che i reati di lottizzazione abusiva(2) vengono, attualmente, disciplinati dal combinato disposto degli articoli 30 primo comma e 44 lett. c) prima parte del testo unico dell’edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380). Pertanto, l’art. 30 descrive le condotte sanzionate (il precetto), stabilendo una duplice definizione di lottizzazione abusiva, materiale e negoziale. Invece, l’art. 44 lett. c) reca l’indicazione delle relative sanzioni penali.

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 30, primo comma, D.P.R. 6.6.2001, n. 380 “si ha lottizzazione abusiva(3) di terreni a scopo edificatorio:

quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabiliti dalle leggi statali o regionali senza la prescritta autorizzazione (cd. lottizzazione abusiva materiale);
nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio (cd. lottizzazione abusiva negoziale).
Inoltre, ai sensi e per gli effetti dell’art. 44 lett. c) prima parte “salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative, si applica l’arresto fino a due anni e l’ammenda da € 15.943 a € 51.645 nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio, come previsto dal primo comma dell’art. 30”.

In sintesi, ricorre la lottizzazione abusiva materiale allorquando sussiste una trasformazione fisica del territorio che è “vietata o non autorizzata”. Più in particolare, la predetta lottizzazione non autorizzata ricorre quando sussiste una trasformazione di terreni a scopo edificatorio attuata in assenza di un provvedimento amministrativo (cd. autorizzazione a lottizzare) che autorizzi la creazione di una nuova maglia di tessuto urbano in una zona non urbanizzata o parzialmente urbanizzata.

La lottizzazione abusiva è una forma di intervento sul territorio più incisiva, per ampiezza e vastità, della costruzione realizzata in difformità o in assenza del permesso di costruire, recando compromissione più grave della programmazione edificatoria.

Invece, ricorre la lottizzazione abusiva negoziale(4) (detta anche documentale o cartolare) allorquando si verifica un’attività giuridica univocamente finalizzata a predisporre la predetta trasformazione. Più in dettaglio la lottizzazione abusiva negoziale sussiste allorquando, pur non essendo ancora state materialmente attuate iniziative di tipo edificatorio, la trasformazione urbanistica dei terreni sia stata predisposta con:

il frazionamento dei terreni medesimi;
attraverso la vendita dei suoli;
il compimento di atti equivalenti al frazionamento ed alla vendita.
In sintesi, la condotta incriminata consiste nella semplice trasformazione giuridica del territorio ossia nel compimento di atti giuridici non ancora oggetto di esecuzione pratica.

Secondo la giurisprudenza risulta essere punibile anche la cd. lottizzazione abusiva mista (frazionamento di un terreno in lotti e successiva edificazione). Quest’ultima ricorre allorquando il soggetto attivo o i soggetti attivi pongono in essere entrambe le condotte (materiale e negoziale), all’interno di un intreccio di atti materiali e giuridici che sono, comunque, finalizzati a realizzare una trasformazione urbanistica.

Nell’elemento materiale del reato di lottizzazione abusiva confluiscono condotte convergenti verso un’operazione unitaria caratterizzata dal nesso causale che lega i singoli contributi dei partecipi diretti a condizionare la programmazione del territorio, riservata agli organi pubblici. (Cassazione penale, sezione III, 24 settembre 1999)

In estrema sintesi, osservo che si configura il reato di lottizzazione abusiva allorquando viene posta in essere un’attività finalizzata ed idonea a snaturare la programmazione dell’uso del territorio stesso quale delineata proprio dallo strumento urbanistico generale.

Il reato in oggetto è un reato comune, di danno, di mera condotta ed avente natura di pericolo.

Inoltre, nell’ipotesi della lottizzazione abusiva materiale sussiste l’evento naturalistico(5) mentre, invece, nell’ipotesi della lottizzazione abusiva negoziale sussiste l’evento in senso giuridico.

In materia edilizia, l’ignoranza sulla legge penale risulta oggi difficilmente invocabile dopo l’introduzione dello sportello unico per l’edilizia, di cui all’art. 5 del D.P.R. n. 380/2001.

Il reato di lottizzazione abusiva è una contravvenzione di natura dolosa per la cui sussistenza è necessario che l’evento sia previsto e voluto dal reo quale conseguenza della propria condotta cosciente e volontaria diretta a limitare e condizionare, con ostacoli di fatto o di diritto, la riserva pubblica di programmazione territoriale. In ultima analisi, osservo che esso è ravvisabile sia nel compimento di atti giuridici, come la suddivisione del terreno e l’alienazione di lotti fabbricabili, sia nella esplicazione di attività materiali, come la costruzione di edifici, ovvero la realizzazione di opere di urbanizzazione allorquando gli anzidetti atti ed attività risultino diretti ad utilizzare e pianificare il territorio a scopi edilizi, in mancanza di piano di lottizzazione convenzionale o di altro equipollente strumento attuativo del piano regolatore generale. Più in dettaglio, affinché si abbia lottizzazione abusiva di un terreno non occorre che le opere di trasformazione urbanistica ed edilizia siano completate, essendo sufficiente il loro inizio in violazione degli strumenti urbanistici o in assenza della prescritta autorizzazione. Pertanto, anche la realizzazione di una strada, sia pure in terra battuta, costituisce opera di trasformazione urbanistica, idonea ad integrare la fattispecie della lottizzazione in senso materiale.

Infine, restano ancora da analizzare, per completezza espositiva, gli aspetti procedurali per il reato in oggetto che non è oblazionabile. Si tratta di un reato di competenza del Tribunale in composizione monocratica che è procedibile d’ufficio dove l’azione penale viene esercitata con il decreto di citazione a giudizio (artt. 550 e ss. c.p.p.); le misure pre-cautelari del fermo e dell’arresto non sono consentite mentre, invece, è ammissibile la misura cautelare reale del sequestro (preventivo, probatorio).

ESEMPIO DI CAPO DI IMPUTAZIONE RELATIVO AL REATO IN OGGETTO

Del reato previsto e punito dagli artt. 30 e 44 lett. c) del D.P.R. n. 380/2001, per avere i Sigg. ri Mevio e Sempronio – in concorso tra loro (art. 110 c.p.), quali acquirenti dai venditori XX e YY – lottizzato abusivamente a scopo edilizio due appezzamenti di terreno di mq ……. ognuno, stabilendo la trasformazione urbanistica ed edilizia dei suoli mediante la vendita dei terreni per quote indivise che, per il numero, l’ubicazione, la previsione di una strada di collegamento tra le particelle vendute, denunziava in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio, parzialmente realizzata mediante la recinzione dei terreni in relazione alle quote vendute e la costruzione di unità immobiliari, in palese violazione delle prescrizioni dello strumento urbanistico del Comune di……..

Fatti avvenuti in…

Data e Luogo

D.P.R. 06 giugno 2001 n.380

Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A) (Suppl. ord. alla Gazzetta Ufficiale - n. 245 del 20 ottobre 2001), errata corrige in Gazzetta Ufficiale Serie gen. - n. 262 del 10 novembre 2001 ed avvisi di rettifica in Gazzetta Ufficiale Serie gen. - n. 264 del 13 novembre 2001 e in Gazzetta Ufficiale Serie gen. - n. 47 del 25 febbraio 2002 (E1).

30 L. (Lottizzazione abusiva). (Legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 18; decreto legge 23 aprile 1985, n. 146, articoli 1, comma 3 bis, e 7 bis; decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, articoli 107 e 109). 1. Si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio.

2. Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica sia in forma privata, aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni sono nulli e non possono essere stipulati né trascritti nei pubblici registri immobiliari ove agli atti stessi non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti l'area interessata. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano quando i terreni costituiscano pertinenze di edifici censiti nel nuovo catasto edilizio urbano, purché la superficie complessiva dell'area di pertinenza medesima sia inferiore a 5.000 metri quadrati.

3. Il certificato di destinazione urbanistica deve essere rilasciato dal dirigente o responsabile del competente ufficio comunale entro il termine perentorio di trenta giorni dalla presentazione della relativa domanda. Esso conserva validità per un anno dalla data di rilascio se, per dichiarazione dell'alienante o di uno dei condividenti, non siano intervenute modificazioni degli strumenti urbanistici.

4. In caso di mancato rilascio del suddetto certificato nel termine previsto, esso può essere sostituito da una dichiarazione dell'alienante o di uno dei condividenti attestante l'avvenuta presentazione della domanda, nonché la destinazione urbanistica dei terreni secondo gli strumenti urbanistici vigenti o adottati, ovvero l'inesistenza di questi ovvero la prescrizione, da parte dello strumento urbanistico generale approvato, di strumenti attuativi.

4 bis. Gli atti di cui al comma 2, ai quali non siano stati allegati certificati di destinazione urbanistica, o che non contengano la dichiarazione di cui al comma 3, possono essere confermati o integrati anche da una sola delle parti o dai suoi aventi causa, mediante atto pubblico o autenticato, al quale sia allegato un certificato contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti le aree interessate al giorno in cui è stato stipulato l'atto da confermare o contenente la dichiarazione omessa (1) (2).

5. I frazionamenti catastali dei terreni non possono essere approvati dall'agenzia del territorio se non è allegata copia del tipo dal quale risulti, per attestazione degli uffici comunali, che il tipo medesimo è stato depositato presso il comune.

[6. I pubblici ufficiali che ricevono o autenticano atti aventi per oggetto il trasferimento, anche senza frazionamento catastale, di appezzamenti di terreno di superficie inferiore a diecimila metri quadrati devono trasmettere, entro trenta giorni dalla data di registrazione, copia dell'atto da loro ricevuto o autenticato al dirigente o responsabile del competente ufficio del comune ove è sito l'immobile] (3).

7. Nel caso in cui il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale accerti l'effettuazione di lottizzazione di terreni a scopo edificatorio senza la prescritta autorizzazione, con ordinanza da notificare ai proprietari delle aree ed agli altri soggetti indicati nel comma 1 dell'articolo 29, ne dispone la sospensione. Il provvedimento comporta l'immediata interruzione delle opere in corso ed il divieto di disporre dei suoli e delle opere stesse con atti tra vivi, e deve essere trascritto a tal fine nei registri immobiliari.

8. Trascorsi novanta giorni, ove non intervenga la revoca del provvedimento di cui al comma 7, le aree lottizzate sono acquisite di diritto al patrimonio disponibile del comune il cui dirigente o responsabile del competente ufficio deve provvedere alla demolizione delle opere. In caso di inerzia si applicano le disposizioni concernenti i poteri sostitutivi di cui all'articolo 31, comma 8.

9. Gli atti aventi per oggetto lotti di terreno, per i quali sia stato emesso il provvedimento previsto dal comma 7, sono nulli e non possono essere stipulati, né in forma pubblica né in forma privata, dopo la trascrizione di cui allo stesso comma e prima della sua eventuale cancellazione o della sopravvenuta inefficacia del provvedimento del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale.

10. Le disposizioni di cui sopra si applicano agli atti stipulati ed ai frazionamenti presentati ai competenti uffici del catasto dopo il 17 marzo 1985, e non si applicano comunque alle divisioni ereditarie, alle donazioni fra coniugi e fra parenti in linea retta ed ai testamenti, nonché agli atti costitutivi, modificativi od estintivi di diritti reali di garanzia e di servitù.

(1) Questo comma è stato inserito dall'art. 12, comma 4, della L. 28 novembre 2005, n. 246.

(2) Si veda altresì l'art. 12, commi 5 e 6, della L. 28 novembre 2005, n. 246, di cui si riporta il testo:

«5. Possono essere confermati, ai sensi delle disposizioni introdotte dal comma 4, anche gli atti redatti prima della data di entrata in vigore della presente legge, purché la nullità non sia stata accertata con sentenza divenuta definitiva prima di tale data.

«6. Per gli atti formati all'estero, le disposizioni di cui agli articoli 30 e 46 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni, si applicano all'atto del deposito presso il notaio e le conseguenti menzioni possono essere inserite nel relativo verbale».

(3) Questo comma è stato abrogato dall'art. 1, comma 1, del D.P.R. 9 novembre 2005, n. 304.

(E1) Ai sensi dell'art. 5 bis, comma 2, del D.L. 27 maggio 2005, n. 86, convertito, con modificazioni, nella L. 26 luglio 2005, n. 148, le disposizioni del capo quinto della parte seconda del presente T.U. hanno effetto a decorrere dal 1° luglio 2006.

D.P.R. 06 giugno 2001 n.380

Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A) (Suppl. ord. alla Gazzetta Ufficiale - n. 245 del 20 ottobre 2001), errata corrige in Gazzetta Ufficiale Serie gen. - n. 262 del 10 novembre 2001 ed avvisi di rettifica in Gazzetta Ufficiale Serie gen. - n. 264 del 13 novembre 2001 e in Gazzetta Ufficiale Serie gen. - n. 47 del 25 febbraio 2002 (E1).

44 L. (1) (Sanzioni penali). (Legge 28 febbraio 1985, n. 47, articoli 19 e 20; decreto legge 23 aprile 1985, n. 146, art. 3, convertito, con modificazioni, in legge 21 giugno 1985, n. 298). 1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative, si applica:

a) l'ammenda fino a euro 10.329 per l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire;

b) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da euro 5.164 a euro 51.645 nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione;

c) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da euro 15.493 a euro 51.645 nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell'articolo 30. La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso.

2. La sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite. Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione. La sentenza definitiva è titolo per la immediata trascrizione nei registri immobiliari.

2 bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi suscettibili di realizzazione mediante denuncia di inizio attività ai sensi dell'articolo 22, comma 3, eseguiti in assenza o in totale difformità dalla stessa (2).

(1) Ai sensi dell'art. 32, comma 47, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, conv., con modif., nella L. 24 novembre 2003, n. 326, le sanzioni pecuniarie previste da questo articolo sono incrementate del cento per cento. Pertanto, le sanzioni contenute in questo articolo sono da considerarsi così incrementate:

lett. a): da euro 10.329 a euro 20.658;

lett. b): da euro 5.164 a euro 10.328; da euro 51.645 a euro 103.290;

lett. c): da euro 15.493 a euro 30.986; da euro 51.645 a euro 103.290;

(2) Questo comma è stato aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. r), del D.L.vo 27 dicembre 2002, n. 301.

(E1) Ai sensi dell'art. 5 bis, comma 2, del D.L. 27 maggio 2005, n. 86, convertito, con modificazioni, nella L. 26 luglio 2005, n. 148, le disposizioni del capo quinto della parte seconda del presente T.U. hanno effetto a decorrere dal 1° luglio 2006.





(1) Il reato di lottizzazione abusiva ha natura permanente, e la permanenza dura sino a quando sussiste una attività edificatoria, atteso che successivamente al frazionamento iniziale anche la condotta successiva, ovvero l’esecuzione di opere di urbanizzazione o la realizzazione di singole costruzioni, protrae l’evento criminoso, attraverso la lesione del monopolio pubblico della programmazione urbanistica. Cassazione penale, sezione III, 26 aprile 2007, n. 19732

(2) In tema di lottizzazione abusiva, la consapevolezza, in capo all’agente, dell’abusività della lottizzazione di terreni si trae dal fatto di dover allegare, per legge, all’atto del trasferimento, il certificato di destinazione urbanistica che contiene tutte le prescrizioni urbanistiche riguardanti l’area interessata. Cassazione penale, sezione III, 28 settembre 2008, n. 36304

(3) In tema di reati edilizi ed urbanistici, l’immutazione di un terreno che conferisca un diverso assetto ad una porzione del territorio comunale integra il reato di lottizzazione abusiva e non quello d’esecuzione di lavori in assenso di permesso di costruire. (Fattispecie nella quale è stata qualificata come lottizzazione abusiva la realizzazione di alcuni cordoli in cemento, eseguita a fini di recinzione del terreno di pertinenza di ciascun fabbricato, costituito da roulottes prefabbricate, accompagnata dall’installazione di fosse imhoff ed apposizione di cancelli carrabili per l’ingresso al terreno). Cassazione penale, sezione III, 26 gennaio 2009, n. 3481

(4) In tema di reati edilizi, ai fini della configurabilità del reato di lottizzazione abusiva negoziale o cartolare, l’elencazione degli elementi indiziari di cui all’art. 30, comma primo, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 non è tassativa nè tali elementi devono sussistere contemporaneamente, in quanto è sufficiente per l’integrazione del reato anche la presenza di uno solo di essi, purchè risulti inequivocabilmente la destinazione a scopo edificatorio del terreno. Cassazione penale, sezione III, sentenza 8 luglio 2008, n. 27739

(5) L’evento in senso naturalistico: cioè un reato incentrato sulla verificazione di un risultato esteriore causalmente riconducibile all’azione dell’uomo. Evento naturalistico è la modificazione del mondo esterno per effetto della condotta, rilevante per il diritto. Evento in senso giuridico è invece la lesione o la messa in pericolo dell'interesse protetto.

ESPROPRI: TERMINI DECADENZA

Quanto agli effetti della decadenza del vincolo preordinato all’espropriazione, l’art. 9, comma 3, del T.U. Espropri prevede che “Se non è tempestivamente dichiarata la pubblica utilità dell'opera, il vincolo preordinato all'esproprio decade e trova applicazione la disciplina dettata dall'articolo 9 del testo unico in materia edilizia approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”. In altre parole, l’area sulla quale insisteva un vincolo preordinato all’esproprio, decaduto perché nel termine quinquennale di sua vigenza non è intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, viene considerata alla stregua di un’area c.d. bianca ovvero priva di destinazione urbanistica, con conseguente applicazione della disposizione di cui all’art. 9 del T.U. dell’Edilizia, che qui di seguito si riporta. “1. Salvi i più restrittivi limiti fissati dalle leggi regionali e nel rispetto delle norme previste dal decreto legislativo del 29 ottobre 1999 n. 490, nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici sono consentiti: a) gli interventi previsti dalle lettere a), b) e c) del primo comma dell'articolo 3 che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse; b) fuori dal perimetro dei centri abitati, gli interventi di nuova edificazione nel limite della densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro; in caso di interventi a destinazione produttiva, la superficie coperta non può comunque superare un decimo dell'area di proprietà. 2. Nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l'edificazione, oltre agli interventi indicati al comma 1, lettera a), sono consentiti gli interventi di cui alla lettera d) del primo comma dell'articolo 3 del presente testo unico che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse. Tali ultimi interventi sono consentiti anche se riguardino globalmente uno o più edifici e modifichino fino al 25 per cento delle destinazioni preesistenti, purché il titolare del permesso si impegni, con atto trascritto a favore del comune e a cura e spese dell'interessato, a praticare, limitatamente alla percentuale mantenuta ad uso residenziale, prezzi di vendita e canoni di locazione concordati con il comune ed a concorrere negli oneri di urbanizzazione di cui alla sezione II del capo II del presente titolo”.

A questo ultimo proposito, si segnala che il Consiglio di Stato, Sez. IV, con la recentissima sentenza 23 settembre 2004 n. 6216, ha affermato che “la scadenza di un vincolo di inedificabilità relativo ad un terreno per l’inutile decorso del quinquennio di cui all’art. 2 della legge 19 novembre 1968 n. 1167 dall’assegnazione - in sede di approvazione del p.r.g. – della destinazione urbanistica di natura vincolistica, non rende l’area interessata priva di qualsiasi destinazione urbanistica, nel caso in cui sussista una specifica disposizione delle norme tecniche di attuazione del p.r.g. medesimo, secondo cui le aree sottoposte a vincoli preordinati all’espropriazione o a vincoli che comportino l’inedificabilità, alla scadenza di tali vincoli, assumeranno una determinata destinazione d’uso.

Come risulta dalla motivazione della sentenza in rassegna, nella specie le norme tecniche di attuazione (che non erano state impugnate) disponevano espressamente che: "Ove le previsioni del PRG, nella parte in cui incidono su beni determinati ed assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all’espropriazione o a vincoli che comportino l’inedificabilità, avessero a perdere efficacia in forza di legge, le aree interessate da dette previsioni assumeranno la destinazione d’uso prescritta per le zone agricole".

Ha osservato in proposito la Sez. IV che conseguentemente l’area in questione, pur dopo la scadenza del vincolo impressole dallo strumento urbanistico, proprio per effetto della ricordata previsione, aveva una precisa destinazione urbanistica. L’onere, imposto in capo al Consiglio Comunale, è quello di attivarsi nell’ipotesi di ricordata automatica destinazione urbanistica, prevista per le aree per le quali siano scaduti i vincoli impressi con il piano regolatore generale. Tale onere, ad opinione della Sez. IV, non riguarda la necessità di stabilire una nuova destinazione urbanistica dell’area stessa, ma è solo finalizzato a verificare che la nuova automatica destinazione non alteri la residua dotazione per le aree per attrezzature e di uso pubblico, provvedendo di conseguenza con apposita variante all’integrazione della dotazione per dette aree (e adottando in tale occasione la disciplina per le aree oggetto anche delle previsioni non più efficaci).

Ad avviso della Sezione IV, pertanto, la norma in parola, lungi dal conferire carattere di provvisorietà all’automatica destinazione agricola prevista per le aree per le quali siano scaduti i vincoli di inedificabilità, si doveva qualificare come norma di salvataggio e al tempo stesso di chiusura del sistema di pianificazione urbanistica comunale, improntato evidentemente all’attualità e all’effettività delle destinazioni urbanistiche, in modo da evitare, per un verso, che possano sussistere aree prive di destinazione urbanistica e, per altro verso, di sollecitare automaticamente l’esercizio dei poteri ufficiosi in materia.

In seguito al decorso del termine di cinque anni dall’imposizione di un vincolo di strumento urbanistico preordinato all’espropriazione, l’area ritorna nella piena disponibilità del proprietario sia pure con le limitazioni derivanti dal nuovo regime urbanistico a seguito della sua trasformazione in “zona bianca”. A tale proposito si segnala la sentenza del T.A.R. Sardegna, Sezione II, 2 novembre 2005, n. 2076: “ Il decorso del termine di cinque anni dall’imposizione di un vincolo di strumento urbanistico preordinato all’espropriazione, comporta, ai sensi dell’art. 2 della legge 19 novembre 1968 n. 1187, la decadenza del vincolo stesso e l’area ritorna nella piena disponibilità del proprietario sia pure con le limitazioni derivanti dal nuovo regime urbanistico a seguito della sua trasformazione in “zona bianca”. L’assenza di volumetria riferibile a detta zona non impedisce la realizzazione di un fabbricato edilizio, ove il titolare di essa abbia la disponibilità di ulteriore area con destinazione edificatoria che gli consenta di avere una volumetria sufficiente alla costruzione in progetto”.

Sempre in riferimento alle c.d. zone bianche, occorre sottolineare che la decadenza dei vincoli comporta logicamente il venir meno della disciplina urbanistica di aree soggette a vincoli e la conseguente applicazione temporanea della disciplina delle c.d. zone bianche( T.A.R. Puglia Bari Sez. II Sent., 31/08/2009, n. 2027).

Il Consiglio di Stato ha chiarito che la scadenza del vincolo di P.R.G., di valenza quinquennale e preordinato alla destinazione di alcune aree ad insediamenti di interesse collettivo, comporta che l'area interessata debba intendersi sottoposta all'applicazione, in luogo dell'originaria destinazione di zona, del regime proprio delle zone bianche (Consiglio di Stato Sez. IV Sent., 29/05/2008, n. 2570).

Alle zone bianche vanno assimilate solo le aree per le quali era stata dettata, a livello di Piano Regolatore Generale, una disciplina vincolistica, successivamente decaduta per mancata attuazione nel quinquennio.

In tale situazione viene palesemente a mancare la programmazione d'uso del territorio e non potrebbe che riespandersi illimitatamente lo ius aedificandi insito nel diritto di proprietà. Tuttavia, l'interesse pubblico ad uno sviluppo edificatorio organico viene tutelato dalla norma di salvaguardia posta dall'art. 4 della L. 10/1977, destinata ad operare là dove non sia altrimenti desumibile la volontà degli organi pubblici preposti alla pianificazione urbanistica (T.A.R. Lazio, Sez. II bis, n. 5292/2001 e T.A.R. Campania Napoli Sez. II Sent., 11/04/2008, n. 2080).

Alla luce delle esposte argomentazioni, la cessata efficacia di un piano attuativo, in tutto o in parte non eseguito, non rende l'area interessata priva di disciplina urbanistica, ma risulta soggetta alle prescrizioni di cui all'art. 4, ultimo comma, della legge 28.01.1977 n. 10, norma oggi confluita nell'art. 9 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (d.P.R. n.380/2001).

Tale norma, nello specifico, consente fuori dal perimetro dei centri abitati, gli interventi di nuova edificazione nel limite della densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro e, in caso di interventi a destinazione produttiva, la copertura della superficie fino a un decimo dell'area di proprietà, salvi limiti più restrittivi fissati dalle leggi regionali. Al secondo comma aggiunge che sono altresì consentiti gli interventi di ristrutturazione edilizia e in particolare gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l’eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. In tale ambito di ristrutturazione sono ricompresi anche gli interventi di demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica.

Pertanto, nelle c.d. zone bianche è legittimo un intervento di ristrutturazione e di trasformazione degli organismi edilizi.

Il decorso infruttuoso del quinquennio comporta, in ulteriore ipotesi, l'immediata cessazione dell'efficacia dei vincoli urbanistici, non semplicemente della loro esecutorietà, bensì della loro stessa esistenza quale previsione urbanistica, con la conseguenza della necessaria riespansione delle ordinarie facoltà dominicali di utilizzazione del bene da parte del titolare.

È, pertanto, illegittimo il diniego di concessione edilizia eventualmente opposto dal Comune al cittadino in ragione del fatto che l'area interessata sia divenuta, per scadenza del vincolo, "zona bianca", ossia priva di disciplina urbanistica, tanto più qualora l'area dovesse essere ricompresa in una zona non sfornita in assoluto di disciplina urbanistica. In tale ultima ipotesi, infatti, non può operare nemmeno l'art. 4 comma ultimo lett. b) l. n. 10 del 1977 che ammette per le zone bianche esclusivamente interventi di risanamento e manutenzione (TAR Napoli, Sez. II, 22 novembre 2007 / 7 dicembre 2007, n. 15830).

Il carattere delle zone bianche è, sostanzialmente, provvisorio.

Infatti, è incontrovertibile che i limiti di edificabilità riconducibili alle zone bianche hanno per loro natura carattere provvisorio. E’ preciso obbligo dell'amministrazione di colmare al più presto ogni lacuna verificatasi nell'ambito della pianificazione urbanistica dettando per tali zone una nuova disciplina urbanistica (T.A.R. Campania Napoli Sez. II Sent., 31/07/2009, n. 4606 e T.A.R. Puglia Bari Sez. I Sent., 06/05/2008, n. 1079).

Ebbene, la mancanza di un piano particolareggiato o di altro strumento attuativo non può essere legittimamente invocata ad esclusivo fondamento di un eventuale diniego di concessione edilizia, potendosi giustificare la reiezione soltanto nel caso in cui l'amministrazione possa dimostrare che di tali strumenti attuativi vi sia effettiva necessità a causa dello stato di insufficiente urbanizzazione primaria e secondaria della zona. Pertanto l'assenza di strumenti urbanistici attuativi non può costituire ragione idonea, da sola, a correggere il diniego al rilascio della concessione edilizia (T.A.R. Puglia Lecce Sez. I Sent., 19/11/2009, n. 2796).

Ed in vero, l'applicazione indiscriminata, nelle aree già vincolate da piani attuativi, della normativa paralizzatrice di qualsiasi nuova edificazione non soltanto non appare rispondente, in linea di principio, alla ratio a cui si conforma la disciplina delle zone bianche - disciplina prevista per situazioni di assenza di programmazione urbanistica di rango primario - ma verrebbe a reintrodurre un vincolo di inedificabilità senza motivazioni e a tempo indeterminato, in contrasto con i principi consolidati e con evidenti profili di incostituzionalità (T.A.R. Lazio, II bis, n. 7479/2001 e T.A.R. Campania Napoli Sez. II Sent., 11/04/2008, n. 2080).

Dacché i procedimenti per l'adozione degli atti amministrativi generali di pianificazione e di programmazione sono - ex art. 2, L. 7 agosto 1990, n. 241 - soggetti al dovere di conclusione del procedimento e poiché i limiti di edificabilità riconducibili alle zone bianche hanno carattere provvisorio, l'Amministrazione comunale ha il preciso obbligo di provvedere in tempi brevi e con sollecitudine, colmando al più presto ogni lacuna verificatasi nell'ambito della pianificazione urbanistica. Sarebbe altresì illegittimo, pertanto, il silenzio serbato dall'Amministrazione la quale non avesse concluso, in tempi ragionevoli e senza fornire motivazione alcuna in ordine alle eventuali ragioni del ritardo, il procedimento finalizzato alla adozione del nuovo strumento urbanistico generale (T.A.R. Puglia Bari Sez. I, 06/05/2008, n. 1079).

In definitiva, ove sia venuta meno la pianificazione attuativa e ove l'amministrazione comunale non abbia provveduto in tempi brevi a colmare la lacuna verificatasi, il cittadino e gli uffici tecnici, per individuare i limiti della vigente disciplina di uso del territorio, dovranno fare riferimento agli strumenti urbanistici generali, come se mai avesse operato alcun vincolo (T.A.R. Campania Salerno Sez. II, 14/02/2002, n. 114).

martedì 15 febbraio 2011

FISCO: EVASIONE, CONTRASTO AL GIOCO ILLEGALE

CONTRASTO AL GIOCO ILLEGALE E ALL’EVASIONE FISCALE
Vengono inserite diverse misure che tendono a rafforzare il contrasto al gioco illegale e al recupero della base imponibile. In particolare, l’art. 5 (sanzioni) del d.lgs. 504/1998 sul “Riordino dell'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse” viene modificato così con l’aumento delle sanzioni: il soggetto passivo che sottrae, in qualsiasi modo, base imponibile all’imposta unica dei concorsi pronostici o delle scommesse è punito con la sanzione amministrativa dal 120 al 240 per cento della maggiore imposta e, se la base imponibile sottratta è superiore a euro 50.000, anche con la chiusura dell’esercizio da uno a sei mesi. Il soggetto passivo che, nell’ambito degli adempimenti previsti dal regolamento (D.P.R. n.66/2002) omette, in tutto o in parte, ovvero ritarda il pagamento dell’imposta dovuta è punito con una sanzione amministrativa pari al 30 per cento degli importi. Chi non presenta o presenta con indicazioni inesatte la segnalazione certificata di inizio attività è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 516 a euro 2.000. In caso di giocate simulate, si applica una sanzione amministrativa pari alla vincita conseguente alla giocata simulata, oltre alla chiusura dell’esercizio da tre a sei mesi. In caso di recidiva è disposta la chiusura dell’esercizio da sei mesi a un anno. Qualora, dopo l’applicazione della sanzione, sia accertata un’ulteriore violazione, è disposta la revoca della concessione. Vengono inserite anche due disposizioni “interpretative”: la prima (relativa all’interpretazione dell’art. 1 del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504), che prevede che l’imposta unica sui concorsi prognostici e le scommesse sia dovuta anche se la raccolta avviene in assenza o in caso di inefficacia della concessione rilasciata dall’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato. La seconda (relativa all’interpretazione dell’art. 3 del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504) disposizione interpretativa precisa che cosa si deve intendere per “soggetto passivo dell’imposta e cioè “chiunque, (ancorché in assenza o in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato), gestisce con qualunque mezzo, anche telematico, per conto proprio o di terzi, anche ubicati all’estero, concorsi pronostici o scommesse di qualsiasi genere. Se l’attività è esercitata per conto di terzi, il soggetto per conto del quale l’attività è esercitata è obbligato solidalmente al pagamento dell’imposta e delle relative sanzioni”. La base imponibile sottratta, accertata ai fini dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, (d.lgs.504/1998), è posta a base delle rettifiche e degli accertamenti ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta sul valore aggiunto e dell’imposta regionale sulle attività produttive eventualmente applicabili al soggetto. Per questo, l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e il Corpo della guardia di finanza comunicano all’Agenzia delle entrate le violazioni rispettivamente accertate e constatate in sede di controllo dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse. Vengono inoltre inserite nuove disposizioni in tema di accertamento della base imponibile e controlli in materia di prelievo erariale unico. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, linee d’azione per la prevenzione, il contrasto e il recupero di fenomeni di ludopatia conseguente a gioco compulsivo, (con decreto interdirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e del Ministero della salute sono adottate, d’intesa con la Conferenza unificata). Disposizioni anche in tema di partecipazione a giochi pubblici dei minorenni: è comunque vietato, si legge dalla disposizione, consentire la partecipazione ai giochi pubblici con vincita in denaro ai minori di anni diciotto. Il titolare dell’esercizio commerciale che consente la partecipazione ai giochi pubblici a minori di anni diciotto è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 1.000 e con la chiusura dell’esercizio commerciale fino a quindici giorni. La legge di stabilità poi nuove indicazioni sulla competenza territoriale per la cause di opposizione all’ordinanza di ingiunzione: la competenza spetta al giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato che ha emesso l’ordinanza-ingiunzione. Con decreto direttoriale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sono introdotte e disciplinate nuove tipologie di giochi e avviate le procedure amministrative occorrenti per il loro affidamento in concessione. Previsti anche interventi per le rideterminazione delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale. L’amministrazione autonoma Monopoli dello stato è autorizzata ad aggiornare lo schema tipo della convenzione accessiva alle concessioni per l’esercizio dei giochi pubblici e viene inoltre stilato un preciso elenco dei requisiti che devono avere i concessionari che andranno a stilare le convenzioni e dei doveri a cui si devono adeguarsi (26 punti). Tra le ultime disposizioni in materia, l’Amministrazione autonoma monopoli dello Stato esercita una serie di poteri di controllo, indirizzo nell’attività dei concessionari. Nello svolgimento di questi compiti, l’A.a.m.s. potrà avvalersi della collaborazione della Società italiana autori ed editori (S.i.a.e.) e della Guardia di finanza.

SANITA':RISANAMENTO ECONOMICO FINANZIARIO

SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE
Il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale è incrementato di 347,5 milioni di euro per l’anno 2011, per far fronte al maggior finanziamento concordato con le regioni, per i primi cinque mesi dell’anno 2011. Limitatamente ai risultati d’esercizio dell’anno 2010, nelle regioni per le quali si è verificato il mancato raggiungimento degli obiettivi programmati di risanamento e riequilibrio economico-finanziario contenuti nello specifico piano di rientro dai disavanzi sanitari, (accordo sottoscritto ex art.1, co. 180, l.311/2004, e successive modificazioni), è consentito provvedere alla copertura del disavanzo sanitario mediante risorse di bilancio regionale a condizione che le relative misure di copertura risultino essere state adottate entro il 31 dicembre 2010. Al fine di assicurare il regolare svolgimento dei pagamenti dei debiti, per le regioni già sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari e già commissariate alla data di entrata in vigore della presente legge, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni medesime, fino al 31 dicembre 2011. I pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni alle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni medesime, effettuati prima della data di entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2010 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010), non producono effetti dalla suddetta data fino al 31 dicembre 2011 e non vincolano gli enti del servizio sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per le finalità istituzionali dei predetti enti, delle somme agli stessi trasferite questo periodo. Inoltre viene inserito all’art. 2, del d.l. 125/2010, il comma 2-bis che deroga al blocco del 10% del turn-over del personale sanitario qualora sia avvenuta entro il 31 dicembre 2010 una verifica positiva dell’attuazione parziale del piano rientro deficit sanitario.

AGRICOLTURA: AGEVOLAZIONI FISCALI

AGRICOLTURA, AGEVOLAZIONI CONTRIBUTIVE DIVENTANO PERMANENTI
Diventano permanenti le agevolazioni fiscali per la piccola proprietà contadina. È stato infatti modificato il comma 4-bis, primo periodo, dell’art. 2, d.l. 194/2009 convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25. In sostanza, l’agevolazione fiscale in favore della piccola proprietà contadina, che avrebbe avuto efficacia fino al 31 dicembre 2010, diventa ora permanente: pertanto “gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, nonché le operazioni fondiarie operate attraverso l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), sono soggetti alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa ed all'imposta catastale nella misura dell'1 per cento. Gli onorari dei notai per gli atti suindicati sono ridotti alla metà. I predetti soggetti decadono dalle agevolazioni se, prima che siano trascorsi cinque anni dalla stipula degli atti, alienano volontariamente i terreni ovvero cessano di coltivarli o di condurli direttamente”.

FISCO: ACCERTAMENTI, SANZIONI DEL 40%

ACCERTAMENTI FISCALI E SANZIONI.
Come previsto dal comma 17, la legge di stabilità amplia i poteri degli uffici periferici del Fisco e quelli degli uffici dell’Amministrazione finanziaria, per quanto riguarda gli accertamenti fiscali parziali. Dal primo febbraio 2011, come specificato dal comma 18 (che apporta modifiche al d.lgs. 218/1997, “Disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale”, modificando in particolare gli artt. 2, comma 5, 3, comma 3 e 15, comma 1) saranno aumentate da un quarto a un terzo del minimo previsto dalla legge, le sanzioni amministrative applicabili in caso di accertamento con adesione riferito alle imposte dirette e indirette e saranno aumentate sempre da un quarto ad un terzo le sanzioni nel caso in cui il contribuente rinunci ad impugnare l'avviso di accertamento o di liquidazione e a formulare istanza di accertamento con adesione, provvedendo a pagare, entro il termine per la proposizione del ricorso, le somme complessivamente dovute. Il comma 19 apporta modifiche al comma 6 dell’articolo 48 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e successive modificazioni (disposizioni sul processo tributario): pertanto a partire dal primo febbraio 2010, in caso di avvenuta conciliazione, le sanzioni amministrative non si applicano più nella misura di un terzo ma nella misura del 40% delle somme irrogabili in rapporto dell'ammontare del tributo risultante dalla conciliazione medesima. Quindi la misura delle sanzioni non potrà essere inferiore (non più ad un terzo) al 40% dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo. Il comma 20 dell’art. 1 della legge di stabilità modifica il decreto legislativo del 18 dicembre 1997, n. 472 (Disposizioni generali in materia di sanzioni tributarie). In particolare, dal 1º febbraio 2011, vengono aumentate le sanzioni anche in caso di ravvedimento operoso, il ravvedimento che si riferisce ad una violazione che non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza.

CONDOMINIO: CANNE FUMARIE COME, QUANDO E PERCHE'

Canne fumarie nel condominio, sentenze

Non occorre il consenso del condominio per la realizzazione delle opere

Il singolo condòmino ha titolo per realizzare delle opere anche in contrasto alla volontà del condominio. Conseguentemente è legittimo il rilascio del permesso di costruire per un’opera a servizio della sua abitazione e sita sul muro perimetrale.
E′ legittima la realizzazione di una canna fumaria diretta ad evitare la diffusione dei funi.


Consiglio di Stato - sez. V - 3 gennaio 2006, n. 11

Cassazione 9 maggio 2007, numero 10647, la dismissione dell’impianto condominiale di riscaldamento non si estende automaticamente alla canna fumaria, che deve essere qualificata come un manufatto autonomo dell’impianto: l’uso della canna fumaria, come condotto dei prodotti della combustione dell’impianto di riscaldamento, configura infatti solo una delle sue possibili utilizzazioni. Se un bene è comune - per la sua funzione e per la sua destinazione - ad uno o più edifici condominiali, la sua dismissione deve essere decisa da tutti i condómini proprietari degli edifici condominiali.

Cass. n. 8552/2004 secondo la quale l'inserimento della canna fumaria all'interno del muro comune che costituisce anche delimitazione della proprietà individuale, essendo invasivo della proprietà altrui, non può considerarsi come mero appoggio.

Trib. di Napoli 17-03-1990 Muri perimetrali - Canna fumaria. L'installazione di una canna fumaria in aderenza, appoggio o con incastro nel muro perimetrale di un edificio, da parte di un condomino e' attività lecita rientrante nell'uso della cosa comune, previsto dall'art. 1102, Codice civile e come tale, non richiede ne' interpello ne' consenso degli altri condomini. La facoltà incontra soltanto i limiti costituiti dai diritti esclusivi altrui (ad esempio distanze dalle vedute, immissioni, etc.) e dal divieto di alterare il decoro architettonico dell'edificio.

Trib. di Milano, sez. VIII, 26-03-1992 Muri perimetrali - Installazione di una canna fumaria - Ammissibilità - Condizioni.
L'uso ex art. 1102, Codice civile, della cosa comune da parte del comproprietario-condomino e' lecito quando: a) non ne altera la naturale destinazione; b) non impedisce agli altri comproprietari di farne parimenti uso secondo il loro diritto; c) non pregiudica la stabilità ed il decoro architettonico dell'edificio; d) non arreca danno alle singole proprietà esclusive. Applicando questi principi al caso concreto in esame, il Collegio ritiene che l'uso del muro comune (che dà sul retro dell'edificio) per appoggiarvi un'autonoma canna fumaria non ne altera la naturale destinazione, non pregiudica la stabilità dell'edificio e forse non impedisce agli altri comproprietari di utilizzarlo secondo il loro diritto. Ma non può seriamente negarsi che l'installazione di due separate canne fumarie nel tratto di facciata compreso tra i balconi e le finestre di ben cinque piani: 1) violi le norme sulle distanze legali (che non puo' essere inferiore a 75 cm dai più vicini sporti dei balconi delle proprietà individuali); 2) riduca in modo apprezzabile la visuale laterale che si gode soprattutto dalle finestre lungo le quali dovrebbe correre il manufatto; 3) ma soprattutto alteri il decoro architettonico della facciata intera dello stabile che ha una sua euritmia e dignità che meritano di essere preservate nel preminente interesse della collettività condominiale.

App. di Milano, sez. I, 21-06-1991 Uso della cosa comune - Muro perimetrale - Canna fumaria ad uso esclusivo del singolo condomino - Limiti.
L'apposizione, da parte di un condomino e per propria esclusiva utilità, di una canna fumaria lungo il muro perimetrale di un edificio, non integra una modificazione della cosa comune necessaria al suo miglior godimento, da parte di tutti i condomini, ma costituisce innovazione soggetta alla disciplina dell'art. 1120, Codice civile. Deve per questo ritenersi vietata, in primo luogo, quando costituisce un'evidente alterazione del decoro architettonico dello stabile e, in secondo luogo, quando le caratteristiche del manufatto sono tali da sottrarre una parte del muro condominiale all'uso degli altri condomini, i quali evidentemente non possono utilizzare la stessa porzione di muro per appoggiarvi propri tubi o manufatti. Il consenso di tutti i condomini richiesto per gli atti direttamente costitutivi di diritti reali sul fondo comune, non e' necessario per deliberare l'apposizione di una canna fumaria ad uso esclusivo di un singolo condomino, nonostante che l'imposizione abusiva di questa possa condurre alla costituzione di un diritto di servitù per usucapione. L'unanimità dei consensi prevista dall'art. 1108, Codice civile, non e', infatti, richiesta per gli atti che possono determinare la costituzione di diritti reali solo con il concorso dell'ulteriore ipotetico requisito dell'avvenuta maturazione del possesso ad usucapionem.

Cass. civile, sez. II del 29-08-1991, n. 9231. Con riguardo ad edificio in condominio, una canna fumaria, anche se ricavata nel vuoto di un muro comune, non è necessariamente di proprietà comune, ben potendo appartenere ad un solo dei condomini, se sia destinata a servire esclusivamente l'appartamento cui afferisce, costituendo detta destinazione titolo contrario alla presunzione legale di comunione.

Cass. civile, sez. II del 17-02-1995, n. 1719. Nel caso in cui cessi l'uso di un impianto di riscaldamento condominiale non viene meno per questa sola ragione il compossesso dei singoli comproprietari sulla relativa canna fumaria, sia perché è riconducibile ai poteri del titolare di un diritto reale la facoltà di mettere o non mettere in attività un impianto, sia perché la canna fumaria va considerata come un manufatto autonomo, suscettibile di svariate utilizzazioni.

Cass. civile, sez. II del 08-04-1977, n. 1345. In applicazione dell'art. 906 Cod. civ., la distanza legale per la collocazione di una canna fumaria sul muro perimetrale comune, ad opera di uno dei condomini, non può essere inferiore a 75 centimetri dai più vicini sporti dei balconi di proprietà esclusiva degli altri condomini. Non è, però, consentito al condomino installare sul muro predetto - pur con l'osservanza delle distanze legali - canne fumarie che, per la loro dimensione o per la loro ubicazione riducono in modo apprezzabile la visuale di cui altri condomini usufruiscono dalle vedute situate nello stesso muro perché, diversamente, l'installazione costituirebbe innovazione eccedente i limiti segnati dall'art. 1102 Cod. civ., in relazione sia alla struttura del muro sia alla volontà dei condomini ed all'uso della cosa comune in concreto fatto da costoro.

Cass. penale, sez. III del 25-10-1988 n. 10396. I lavori di innalzamento e copertura di una canna fumaria, in quanto completano "funzionalmente" un'opera preesistente, richiedono la concessione edilizia.


Cassazione Civile Sezione Seconda sentenza n. 13451 del 08.04.1977 In applicazione dell'art. 906 cc, la distanza legale per la collocazione di una canna fumaria sul muro perimetrale comune, ad opera di uno dei condomini, non può essere inferiore a 75 centimetri dai più vicini sporti dei balconi di proprietà esclusiva degli altri condomini. Non è, però, consentito al condomino installare sul muro predetto - pur con l'osservanza delle distanze legali - canne fumarie che, per la loro dimensione o per la loro ubicazione riducono in modo apprezzabile la visuale di cui altri condomini usufruiscono dalle vedute situate nello stesso muro perché, diversamente, l'installazione costituirebbe innovazione eccedente i limiti segnati dall'art. 1102 cc, in relazione sia alla struttura del muro sia alla volontà dei condomini ed all'uso della cosa comune in concreto fatto da costoro.
Riferimenti normativi:

NORME UNI 9731 del 1990: Classificazione dei camini in base alla resistenza termica.
NORME UNI 9615 del 1990: Metodo di calcolo e di verifica della sezione dei camini.
NORME UNI-CIG 7129: Norma che prevede la progettazione, l'installazione e la manutenzione di canne fumarie collettive per impianti con caldaie funzionanti a Gas e con potenzialità fino a 35Kw.
NORME UNI-CIG 10640: Metodo di calcolo e progettazione di canne fumarie Collettive Ramificate adatte all'evacuazione di fumi prodotti da caldaie di tipo "B".
NORME UNI-CIG 10641: Metodo di calcolo e progettazione di canne fumarie Collettive adatte all'evacuazione di fumi prodotti da caldaie di tipo "C".

martedì 8 febbraio 2011

POLITICA: CASO NOVELLI PROCACCINI


E' UNA VERGOGNA VEDERE QUELLO CHE SI SCRIVE ANCHE DOPO VARIE INSERSIONI PER CONOSCERE LA VERITA' DEI FATTI. IL CONSIGLIERE REGIONALE FA PONZIO PILATO, E SEMBRA NON INTERESSARGLI LA VERITA'. AL CONGRESSO NOI NON C'ERAVAMO MA, A DETTA DI CHI C'ERA E' STATO IL PEGGIOR CONGRESSO DE LA DESTRA ABBIA MAI FATTO.PER QUANTO RIGUARDA VALLE MARTELLA ESSENDO USCITO ANCHE IO CON MARIO PROCACCINI DA LA DESTRA PROPRIO PER QUESTO MOTIVO, RIMANEVA SOLO ALDO MULAS CHE, SONO CONTENTO PER LUI CONOSCENDOLO DI PERSONA, MA RICORDANDOGLI CHE ANCHE LUI HA FIRMATO L'ESPULSIONE DA LA DESTRA DI NOVELLI INSIEME A NOI.

sabato 5 febbraio 2011

CONTRATTO DI LOCAZIONE: TESTO LEGGE

Testo legge riforma degli affitti

Capo I
LOCAZIONE DI IMMOBILI ADIBITI AD USO ABITATIVOArt. 1.
(Ambito di applicazione).
1. I contratti di locazione di immobili adibiti ad uso abitativo, di seguito denominati "contratti di locazione", sono stipulati o rinnovati, successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dei commi 1 e 3 dell'articolo 2.2. Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 7, 8 e 13 della presente legge non si applicano:
a) ai contratti di locazione relativi agli immobili vincolati ai sensi della legge 1^ giugno 1939, n. 1089, o inclusi nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, che sono sottoposti esclusivamente alla disciplina di cui agli articoli 1571 e seguenti del codice civile qualora non siano stipulati secondo le modalità di cui al comma 3 dell'articolo 2 della presente legge;
b) agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ai quali si applica la relativa normativa vigente, statale e regionale;
c) agli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche.3. Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 7 e 13 della presente legge non si applicano ai contratti di locazione stipulati dagli enti locali in qualità di conduttori per soddisfare esigenze abitative di carattere transitorio, ai quali si applicano le disposizioni di cui agli articoli 1571 e seguenti del codice civile. A tali contratti non si applica l'articolo 56 della legge 27 luglio 1978, n. 392.4. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, per la stipula di validi contratti di locazione è richiesta la forma scritta

Art. 2.
(Modalità di stipula e di rinnovo dei contratti di locazione).

1. Le parti possono stipulare contratti di locazione di durata non inferiore a quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di quattro anni, fatti salvi i casi in cui il locatore intenda adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all'articolo 3, ovvero vendere l'immobile alle condizioni e con le modalità di cui al medesimo articolo 3. Alla seconda scadenza del contratto, ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto, comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. La parte interpellata deve rispondere a mezzo lettera raccomandata entro sessanta giorni dalla data di ricezione della raccomandata di cui al secondo periodo. In mancanza di risposta o di accordo il contratto si intenderà scaduto alla data di cessazione della locazione. In mancanza della comunicazione di cui al secondo periodo il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni.2. Per i contratti stipulati o rinnovati ai sensi del comma 1, i contraenti possono avvalersi dell'assistenza delle organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori.3. In alternativa a quanto previsto dal comma 1, le parti possono stipulare contratti di locazione, definendo il valore del canone, la durata del contratto, anche in relazione a quanto previsto dall'articolo 5, comma 1, nel rispetto comunque di quanto previsto dal comma 5 del presente articolo, ed altre condizioni contrattuali sulla base di quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative, che provvedono alla definizione di contratti-tipo. Al fine di promuovere i predetti accordi, i comuni, anche in forma associata, provvedono a convocare le predette organizzazioni entro sessanta giorni dalla emanazione del decreto di cui al comma 2 dell'articolo 4. I medesimi accordi sono depositati, a cura delle organizzazioni firmatarie, presso ogni comune dell'area territoriale interessata.4. Per favorire la realizzazione degli accordi di cui al comma 3, i comuni possono deliberare, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio, aliquote dell'imposta comunale sugli immobili (ICI) più favorevoli per i proprietari che concedono in locazione a titolo di abitazione principale immobili alle condizioni definite dagli accordi stessi. I comuni che adottano tali delibere possono derogare al limite minimo stabilito, ai fini della determinazione delle aliquote, dalla normativa vigente al momento in cui le delibere stesse sono assunte. I comuni di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e successive modificazioni, per la stessa finalità di cui al primo periodo possono derogare al limite massimo stabilito dalla normativa vigente in misura non superiore al 2 per mille, limitatamente agli immobili non locati per i quali non risultino essere stati registrati contratti di locazione da almeno due anni.5. I contratti di locazione stipulati ai sensi del comma 3 non possono avere durata inferiore ai tre anni, ad eccezione di quelli di cui all'articolo 5. Alla prima scadenza del contratto, ove le parti non concordino sul rinnovo del medesimo, il contratto è prorogato di diritto per due anni fatta salva la facoltà di disdetta da parte del locatore che intenda adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all'articolo 3, ovvero vendere l'immobile alle condizioni e con le modalità di cui al medesimo articolo 3. Alla scadenza del periodo di proroga biennale ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. In mancanza della comunicazione il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni.6. I contratti di locazione stipulati prima della data di entrata in vigore della presente legge che si rinnovino tacitamente sono disciplinati dal comma 1 del presente articolo.

Art. 3.
(Disdetta del contratto da parte del locatore).

1. Alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 1 dell'articolo 2 e alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, il locatore può avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del contratto, dandone comunicazione al conduttore con preavviso di almeno sei mesi, per i seguenti motivi:
a) quando il locatore intenda destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado;
b) quando il locatore, persona giuridica, società o ente pubblico o comunque con finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto intenda destinare l'immobile all'esercizio delle attività dirette a perseguire le predette finalità ed offra al conduttore altro immobile idoneo e di cui il locatore abbia la piena disponibilità;
c) quando il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero ed idoneo nello stesso comune;
d) quando l'immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore sia di ostacolo al compimento di indispensabili lavori;
e) quando l'immobile si trovi in uno stabile del quale è prevista l'integrale ristrutturazione, ovvero si intenda operare la demolizione o la radicale trasformazione per realizzare nuove costruzioni, ovvero, trattandosi di immobile sito all'ultimo piano, il proprietario intenda eseguire sopraelevazioni a norma di legge e per eseguirle sia indispensabile per ragioni tecniche lo sgombero dell'immobile stesso;
f) quando, senza che si sia verificata alcuna legittima successione nel contratto, il conduttore non occupi continuativamente l'immobile senza giustificato motivo;
g) quando il locatore intenda vendere l'immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tal caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui agli articoli 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392.2. Nei casi di disdetta del contratto da parte del locatore per i motivi di cui al comma 1, lettere d) ed e), il possesso, per l'esecuzione dei lavori ivi indicati, della concessione o dell'autorizzazione edilizia è condizione di procedibilità dell'azione di rilascio. I termini di validità della concessione o dell'autorizzazione decorrono dall'effettiva disponibilità a seguito del rilascio dell'immobile. Il conduttore ha diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui all'articolo 40 della legge 27 luglio 1978, n. 392, se il proprietario, terminati i lavori, concede nuovamente in locazione l'immobile. Nella comunicazione del locatore deve essere specificato, a pena di nullità, il motivo, fra quelli tassativamente indicati al comma 1, sul quale la disdetta è fondata.3. Qualora il locatore abbia riacquistato la disponibilità dell'alloggio a seguito di illegittimo esercizio della facoltà di disdetta ai sensi del presente articolo, il locatore stesso è tenuto a corrispondere un risarcimento al conduttore da determinare in misura non inferiore a trentasei mensilità dell'ultimo canone di locazione percepito.4. Per la procedura di diniego di rinnovo si applica l'articolo 30 della legge 27 luglio 1978, n. 392, e successive modificazioni.5. Nel caso in cui il locatore abbia riacquistato, anche con procedura giudiziaria, la disponibilità dell'alloggio e non lo adibisca, nel termine di dodici mesi dalla data in cui ha riacquistato la disponibilità, agli usi per i quali ha esercitato facoltà di disdetta ai sensi del presente articolo, il conduttore ha diritto al ripristino del rapporto di locazione alle medesime condizioni di cui al contratto disdettato o, in alternativa, al risarcimento di cui al comma 3.6. Il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto, dando comunicazione al locatore con preavviso di sei mesi.

POLIZZA GLOBALE FABBRICATI: COME, PERCHE' QUANDO

Polizza globale fabbricati


La polizza globale fabbricati ha alcune peculiarità che la rendono unica nel suo genere, per cui riteniamo utile fornire alcune informazioni ai lettori.

Oggetto: La polizza globale è essenzialmente una assicurazione a copertura della responsabilità civile, per cui garantisce l'assicurato dalle richieste risarcitorie che potrebbero avanzare terzi danneggiati; ciò significa che non "copre" i danni accaduti alle cose dell'assicurato, ma tutela economicamente quest'ultimo da eventuali pretese di terzi.

L'elemento caratteristico della globale è che la polizza, pur essendo stipulata a livello condominiale, garantisce su tutte le parti dell'edificio,comprese quelle private, per cui l'amministratore agisce in duplice veste di rappresentante dei condomini collettivamente (per quanto riguarda i danni che potrebbero cagionare le parti comuni a terzi e condomini) ma anche di rappresentante dei condomini singolarmente (per i danni provocati da loro proprietà esclusive, quali rotture di poggioli, tubi privati ecc.). E' proprio tale fatto che dà luogo a equivoci e motivi di confusione quando sia necessario procedere in via giudiziaria, in quanto il condominio, pur risultando l'ente assicurato, può non essere responsabile del fatto dannoso e quindi non legittimato passivamente se le parti di edificio che hanno cagionato l'evento non sono condominiali ma private.

Fatti "coperti": la polizza interviene esclusivamente per "rotture accidentali". Detto termine viene interpretato dalle assicurazioni in senso restrittivo al fine di limitare i risarcimenti; in realtà, il termine "fatto accidentale" non significa fatto "non colposo" atteso che, in tale ipotesi, non sussisterebbe neppure responsabilità del danneggiante, trattandosi di caso fortuito per cui, con il termine "rottura accidentale" si deve intendere ogni fatto, non doloso o fortuito, riconducibile a responsabilità di uno o più condomini.

Danni da infiltrazioni: Le polizze globali, normalmente, coprono solamente i danni provocati da acqua condotta (tubature), mentre non coprono (normalmente per contratto) le infiltrazioni da avarie da parti comuni (tetto facciate ecc.); il motivo di tale esclusione è evidente; le assicurazioni vogliono evitare che i condomini omettano i lavori di rilevante entità in quanto, comunque, coperti da assicurazione. E' bene ricordare che le polizze, coprendo solo le rotture accidentali, solitamente tendono a opporre resistenze quando la rottura del tubo sia avvenuta per vetustà.

La "ricerca guasti": La ricerca guasti è una clausola accessoria alla polizza per la responsabilità civile; interviene a copertura delle spese necessarie alla ricerca della causa di infiltrazioni e conseguente ripristino dei luoghi manomessi. Come anticipato, si tratta di una garanzia accessoria alla responsabilità civile, per cui non interviene in assenza di danno risarcibile; paradossalmente, pertanto, in caso di rottura di un tubo, il condominio o il singolo devono sperare di avere provocato danni a qualcuno per poter ricevere un indennizzo sui lavori di ricerca e ripristino.

Termini per la richiesta: E' bene ricordare che, in caso di sinistro, è obbligatorio per legge procedere alla denuncia di sinistro all'assicurazione entro tre giorni dalla scoperta del fatto. Tale onere, che solitamente incombe sull'amministratore, può rappresentare obbligo del singolo il quale, qualora riceva una richiesta di risarcimento del danno, deve immediatamente darne notizia all'amministratore affinché proceda alla denuncia.

Modalità di risarcimento: solitamente, nelle ipotesi di intervento, vi è una franchigia, per cui l'assicurazione, periziati i danni, sottrae dall'indennizzo una somma in percentuale (o forfettizzata); inoltre, vigendo il criterio proporzionale, rileva la somma complessiva assicurata per cui, se lo stabile è complessivamente assicurato per una somma inferiore al suo reale valore, l'indennizzo subirà un decremento proporzionale.

Le somme non coperte dalla polizza sono dovute al danneggiato direttamente dal danneggiante (condòmino se il danno è provenuto da parte privata, condominio se da parte comune).

Accesso ai documenti: essendo ogni singolo condomino (nonostante rappresentato nella sottoscrizione della polizza dall'amministratore) titolare del contratto, lo stesso ha il diritto all'accesso ai documenti che lo vedono interessato (perizie quietanze ecc.) per cui, in caso di rifiuto da parte dell'ente assicuratore, potrà pretendere che gli sia data copia di quanto richiesto.

Quietanza: prima di procedere alla liquidazione dell'indennizzo o risarcimento, l'assicuratore, fa sottoscrivere al danneggiato o all'assicurato, una rinunzia ad ogni altra pretesa; nelle ipotesi di polizza fabbricati che, ripetiamo, copre il danneggiante dalle richieste di terzi, la quietanza è sottoscritta dall'amministratore che, con tale sottoscrizione, rinunzia a richiedere altre somme all'assicurazione. L'amministratore, rappresentando terze persone, dovrà prestare particolare attenzione prima di sottoscrivere la quietanza, soprattutto quando agisca per conto di un singolo condomino responsabile del danno. Quest'ultimo, infatti, qualora ricevesse un' ulteriore richiesta risarcitoria da parte del danneggiato non completamente soddisfatto dall'assicurazione, potrebbe chiedere i danni all'amministratore che ha accettato una somma minore, rinunziando ad ogni pretesa.

venerdì 4 febbraio 2011

SEPARAZIONI E DIVORZI: TIPOLOGIE, DOCUMENTI, QUANDO E DOVE

Separazioni Consensuali
La separazione per il solo consenso dei coniugi non ha effetto senza l'omologazione del Giudice. I coniugi devono proporre congiuntamente domanda di separazione al tribunale. Se il ricorso è prcsentto da uno solo dei coniugi si applica l'art. 706 del c.p.c.
Non è dovuta l'assistenza di un legale.
Documenti da allegare:
1. Estratto di Matrimonio (rilasciato dal Comune del luogo di celebrazione)
2. Certificato di residenza
3. Stato di famiglia
N.B.: Quando l'accordo dei coniugi relativamente all'affidamento e al mantenimento dei figli è in contrasto con l'interesse di questi il giudice riconvoca i coniugi indicando ad essi le modificazioni da adottare nell'interesse dei figli e, in caso di inidonea soluzione, può rifiutare allo stato l'omologazione (art. 158 II°comma c.c.)
Inizio

Separazioni Giudiziali
La separazione per il solo consenso dei coniugi non ha effetto senza l'omologazione del Giudice. I coniugi devono proporre domanda di separazione personale al tribunale del luogo in cui il coniuge convenuto a residenza o domicilio, con ricorso contenente l'esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata (art. 706 c.p.c.)
Può essere richiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all'educazione della prole. Il Giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio (art. l5)
E' necessaria l'assistenza di un legale.
Documenti da allegare al ricorso:
1. Estratto di Matrimonio (rilasciato dal Comune del luogo di celebrazione)
2. Certificato di residenza
3. Stato di famiglia
Inizio

Divorzi Congiunti
La domanda per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio si propone al tribunale del luogo in cui il coniuge convenuto a residenza o domicilio oppure, nel caso di irreperibilità o di residenza all'estero, al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente, nel caso di residenza all'estero di entrambi i coniugi, a qualunque tribunale della Repubblica. La domanda congiunta può essere proposta al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell'uno o dell'altro coniuge (art. 4 L. 1 dicembre 1970 n. 898).
E' necessaria l'assistenza di un legale.
Documenti da allegare al ricorso:
1. Estratto di Matrimonio (rilasciato dal Comune del luogo di celebrazione)
2. Certificato di residenza
3. Stato di famiglia
Inizio

Divorzi Giudiziali
La domanda per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio sì propone al tribunale del luogo in cui li coniuge convenuto a residenza o domicilio oppure, nel caso di irreperibilità o di residenza all'estero, al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente, nel caso di residenza all'estero di entrambi i coniugi, a qualunque tribunale della Repubblica. La domanda congiunta può essere proposta al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell'uno o dell'altro coniuge (art.4 L.1 dicembre 1970 n. 898).
E' necessaria l'assistenza di un legale.
Documenti da allegare al ricorso:
1. Estratto di Matrimonio (rilasciato dal Comune del luogo di celebrazione)
2. Certificato di residenza
3. Stato di famiglia

DENUNCIA, ESPOSTO,QUERELA: QUANDO COME E DOVE?

Denuncia, esposto, querela
Dove
La denuncia è l’atto con il quale chiunque abbia notizia di un reato perseguibile d'ufficio ne informa il pubblico ministero o un ufficiale di polizia giudiziaria.
La denuncia è un atto facoltativo, ma diventa obbligatorio in alcuni casi espressamente previsti dalla legge:
• se si viene a conoscenza di un reato contro lo Stato (attentati, terrorismo, spionaggio politico-militare, stragi)
• se ci si accorge di aver ricevuto in buona fede denaro falso
• se si riceve denaro sospetto o si acquistano oggetti di dubbia origine
• se si viene a conoscenza di depositi di materie esplodenti o si rinvenga qualsiasi esplosivo
• se si subisce un furto o smarrisce un'arma, parte di essa o un esplosivo
• nel caso in cui rappresentanti sportivi abbiano avuto notizia di imbrogli nelle competizioni sportive.
Quando la denuncia è facoltativa non è previsto alcun termine per la sua presentazione, mentre nei casi di denuncia obbligatoria apposite disposizioni stabiliscono il termine entro il quale essa deve essere fatta.
La denuncia può essere presentata in forma orale o scritta.
La denuncia deve contenere l'esposizione dei fatti ed essere sottoscritta dal denunciante o dal suo avvocato.
La persona che presenta una denuncia ha diritto di ottenere attestazione della ricezione.

La querela è la dichiarazione con la quale la persona che ha subito un reato (o il suo legale rappresentante) esprime la volontà che si proceda per punire il colpevole.
E’ prevista dagli artt. 336 e 340 del codice di procedura penale e riguarda i reati non perseguibili d'ufficio.
Non ci sono particolari regole per il contenuto dell'atto di querela, ma è necessario che, oltre ad essere descritto il fatto-reato, risulti chiara la volontà del querelante che si proceda in ordine al fatto e se ne punisca il colpevole.
La querela deve essere presentata:
• entro 3 mesi dal giorno in cui si ha notizia del fatto che costituisce il reato
• entro 6 mesi per reati contro la libertà sessuale (violenza sessuale o atti sessuali con minorenne).
E’ possibile ritirare la querela precedentemente proposta tranne nel caso di violenza sessuale o atti sessuali con minorenni.
La revoca della querela prende il nome di remissione.
Affinché la querela sia archiviata, è necessario che la remissione sia accettata dal querelato che, se innocente, potrebbe avere invece interesse a dimostrare attraverso il processo la sua completa estraneità al reato.

L’esposto è l’atto con cui si richiede l'intervento dell'Autorità di Pubblica Sicurezza presentato in caso di dissidi tra privati da una o da entrambe le parti coinvolte.
A seguito della richiesta d’intervento l'ufficiale di Pubblica Sicurezza invita le parti in ufficio per tentare la conciliazione e redigere un verbale. Se dai fatti si configura un reato, l'Ufficiale di P.S.:
• deve informare l'Autorità giudiziaria, se il fatto è perseguibile d'ufficio
• se si tratta di delitto perseguibile a querela può, a richiesta, esperire un preventivo componimento della vertenza, senza che ciò pregiudichi il successivo esercizio del diritto di querela.
In sostanza, l’esposto è la segnalazione che il cittadino fa all’autorità giudiziaria per sottoporre alla sua attenzione fatti di cui ha notizia affinchè valuti se ricorre un’ipotesi di reato.

Per presentare una denuncia, una querela o un esposto ci si deve recare negli uffici delle forze dell'ordine (questure, commissariati di pubblica sicurezza, Arma dei Carabinieri).
La denuncia e l’esposto possono essere presentato anche presso la procura della Repubblica.

ATTI GIUDIZIARI: COME RICHIEDERE COPIA E DOVE?

Richiedere copia di atti giudiziari
Dove?
E' possibile richiedere copia di qualsiasi atto, documento, provvedimento depositato presso un Ufficio giudiziario; tale possibilità spetta anzitutto alle parti e ai loro difensori costituiti e, più in generale, a chiunque ne abbia interesse.

Le copie possono essere:
semplici - vengono richieste ai soli fini di conoscere il contenuto dell'atto, tipicamente per motivi di studio.
Le copie così ottenute non hanno alcun valore legale mancando della certificazione di conformità all'originale apposta dalla cancelleria.

autentiche - sono munite della certificazione di conformità all'originale e quindi hanno lo stesso valore legale dell'atto originale di cui sono copia.
Vengono richieste per poter procedere alla notificazione degli atti e dei provvedimenti o per poter utilizzare gli stessi in altri procedimenti o presso altre amministrazioni pubbliche.

in forma esecutiva - per le sentenze e gli altri provvedimenti dell'autorità giudiziaria definitivi o a cui il giudice stesso o la legge riconoscano l'esecutorietà, ossia la possibilità di poter procedere all'esecuzione forzata, le copie devono essere rilasciate in forma esecutiva, con apposizione della cosiddetta ‘formula esecutiva’ da parte del cancelliere.
Esse possono essere richieste solo dalla parte a cui favore è stato pronunciato il provvedimento o dai suoi successori.
Alla stessa parte non può essere rilasciata più di una copia in forma esecutiva dello stesso atto.
Ulteriori copie possono essere richieste, in caso di necessità, dalla parte interessata al capo dell'ufficio giudiziario che ha pronunciato il provvedimento, che provvede con decreto.
La copia di un atto, provvedimento o documento si deve richiedere allo stesso ufficio presso il quale è depositato, o presso il quale si è svolto il procedimento.
Normativa di riferimento: artt. 476-743/746 c.p.c.; artt. 76-153/154 att. c.p.c.; artt. 2714/2719 c.c.; art. 3, legge 10 ottobre 1996, n. 525 (Diritti di Cancelleria); D.M. 20.8.92 (Imposta di bollo).
N.B. Il D.L. 29/12/2009, in vigore dal 31/12/2009, convertito con modifiche con la legge 22 febbraio 2010, n. 24, ha introdotto alcune novità in materia di diritti di copia.

POLITICA: FEDERALISMO" NAPOLITANO DECRETO IRRICEVIBILE"

Federalismo: Napolitano, «Decreto irricevibile, non ci sono le condizioni»
Berlusconi poco prima da Bruxelles: «Spero non ci siano problemi con il presidente sulla firma»
obbligo di comunicazioni alle Camere prima di approvazione definitiva

MILANO - Il presidente della Repubblica rispedisce al mittente il testo del decreto sul federalismo fiscale municipale, adottatto giovedì sera dal governo nonostante lo stop ottenuto poche ore prima alla commissione della Camera. Secondo Giorgio Napolitano, nella lettera inviata al presidente del Consiglio, spiega che non ci sono le condizioni per l'emanazione del decreto legislativo e afferma di «non poter ricevere, a garanzia della legittimità di un provvedimento di così grande rilevanza, il decreto approvato ieri dal governo», rende noto il Quirinale.
LA NOTA - Ecco il testo della nota: «Il capo dello Stato ha comunicato al presidente del Consiglio di non poter ricevere, a garanzia della legittimità di un provvedimento di così grande rilevanza, il decreto approvato ieri dal governo. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in relazione al preannunciato invio, ai fini della emanazione ai sensi dell'articolo 87 della Costituzione, del testo del decreto legislativo in materia di federalismo fiscale municipale, approvato definitivamente dal Consiglio dei ministri nella seduta di ieri sera, come risulta dal relativo comunicato, ha inviato una lettera al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in cui rileva che non sussistono le condizioni per procedere alla richiesta emanazione, non essendosi con tutta evidenza perfezionato il procedimento per l'esercizio della delega previsto dai commi 3 e 4 dall'art. 2 della legge n. 42 del 2009 che sanciscono l'obbligo di rendere comunicazioni alle Camere prima di una possibile approvazione definitiva del decreto in difformità dagli orientamenti parlamentari».
La conferenza stampa di Tremonti e Calderoli
BOSSI TELEFONA - A questo punto Umberto Bossi telefona a Giorgio Napolitano e assicura che il governo svolgerà una relazione alle Camere sul decreto, come chiesto dal Quirinale nella nota in cui spiega di non poter ricevere il provvedimento. «Bossi», si legge in una nota, questa volta della Lega Nord, «ha preso il duplice impegno di andare a trovare la prossima settimana il capo dello Stato al Quirinale e, come preannunciato dal ministro Calderoli, si recherà nelle aule parlamentari a dare comunicazioni sul decreto sul federalismo fiscale municipale».
CALDEROLI - «Non ho paura di andare a mostrare un prodotto di cui siamo orgogliosi», ha detto parlando a Radio Padania Libera il ministro Roberto Calderoli secondo il quale la scelta del Presidente della Repubblica sul federalismo «è un'interpretazione». «Io - ha spiegato Calderoli - pensavo che una volta recepite le osservazioni delle commissioni di Camera e Senato potessimo passare all'approvazione. Il Colle ritiene sia necessario un passaggio in aula in base al quarto comma dell'articolo 2 della legge 42». «Sono convinto che questo federalismo sarà approvato dalle Camere». E poi ha concluso: «Spiace perdere dieci o quindici giorni, ma si va avanti» con il federalismo che sarà confermato dal Parlamento. «L'unica cosa che prevede la legge è che il governo dia comunicazioni alle Camere, dopo di che può esserci un voto su di esse ma il testo è quello e non è suscettibile di modifiche» ha chiarito il ministro. Secondo Calderoli la decisione del presidente Napolitano «non cambia alcunché, si tratta di un passaggio formale in più, sarà una o due settimane a seconda della disponibilità del Parlamento». «Assolutamente no», la decisione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sul decreto del federalismo municpale non è un messaggio politico. Se ne è detto convinto il ministro Roberto Calderoli rispondendo ad una specifica domanda nella sede leghista di via Bellerio a Milano. «Assolutamente no - ha osservato - perché quello che Napolitano ha dichiarato tre giorni fa a Bergamo sulla volontà di proseguire nel cammino delle riforme, in particolare il federalismo, rende il presidente al di sopra di ogni sospetto: è chiaro che ha dato un'interpretazione, una cautela che porta ad essere più realisti del re».

giovedì 3 febbraio 2011

CONSERVARE DOCUMENTI E BOLLETTE: PER QUANTO TEMPO?

La conservazione dei documenti
"Per quanto tempo è meglio conservare fatture e ricevute..." - "Entro quanto tempo l'artigiano mi può richiedere il pagamento del lavoro eseguito": queste ed altre simili sono domande frequenti dei consumatori, alle prese con il problema se eliminare o meno documenti che si ritengono ormai "carta straccia".
Tipo di documenti Per quanto tempo è meglio conservare…oppure entro quando si deve reclamare…
Abbonamento TV (relative ricevute di pagamento) per 10 anni
Affittto (relative ricevute di pagamento) per 5 anni
Atti di compravendita casa - atti di proprietà della casa … per sempre
Atti notarili in genere per sempre
Atti di matrimonio - di separazione ecc… per sempre
Assicurazioni (ricevute pagamento premi) per 1 anno dalla scadenza - Nel caso in cui le quietanze (es. polizze vita) siano state utilizzate a fini fiscali, si devono conservare per 5 anni
Bollette/fatture energia elettrica - gas - rifiuti 5 anni è la prescrizione prevista per legge - consigliamo peró di conservarle per almeno 10 anni - conservare anche gli estratti conto in cui si attesti l'avvenuto pagamento, nel caso di pagamento tramite banca
Bollette telefono fisso 5 anni è la prescrizione prevista per legge - consigliamo peró di conservarle per almeno 10 anni
Bollette telefoni mobili-cellulari per 10 anni
Bollettini-ricevute pagamento ICI per 5 anni dall'anno successivo a quello di pagamento
Bollo auto (relative ricevute di pagamento) per 3 anni oltre l'anno cui si riferisce il pagamento/ consigliamo però di conservare le ricevute per almeno 5 anni
Contributi previdenziali INPS per sempre
Contratti di affitto per sempre
Documentazione relativa a dichiarazioni dei redditi fino alla scadenza del 5. anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione
si consiglia però la conservazione per almeno 6-7 anni
Estratti conto bancari si ha tempo 60 giorni dal ricevimento per contestare le risultanze contabili dell'e/c bancario
in caso di errori od omissioni sostanziali ci sono però 10 anni di tempo per proporre l'impugnazione dell' e/c
Fatture di alberghi e ristoranti per 6 mesi
Fatture di artigiani consigliamo la conservazione per almeno 10 anni
Multe stradali il termine entro il quale la cartella esattoriale deve essere notificata è di 5 anni dalla data di notifica del verbale - vedi però anche recenti disposizioni della Legge Finanziaria per quanto riguarda le multe di spettanza comunale*
Mutui (ricevute di pagamento delle rate) per sempre - ai fini fiscali il termine è fino alla fine del quinto anno successivo a quello dell'ultima detrazione
Pagamenti rateali per 5 anni
Parcelle/fatture di liberi professionisti (avvocati-notai…) per 3 anni dalla conclusione della prestazione
Referti medici (ricoveri-analisi-lastre ecc…) per sempre
Scontrini di acquisto merce per 26 mesi (sia ai fini della prova di acquisto, sia per esercitare i diritti di garanzia)
Spese condominiali per 5 anni
Titoli di Stato 1 la restituzione del capitale va richiesta entro 5 anni dalla data di rimborsabilità (scadenza del titolo)
Titoli di Stato 2 gli interessi vanno richiesti entro 5 anni dalla scadenza
NOTE:
in ogni caso si consiglia di trattenere copia delle ricevute per almeno altri 2-3 anni oltre le scadenze indicate; questo in quanto rispetto a certi termini di prescrizione possono esserci ancora incertezze interpretative.

NOTIFICA CARTELLA ESATTORIALE:CAMBIO DI RESIDENZA

Notifica della cartella esattoriale e cambio di residenza

Nel caso di cambio di residenza, per verificare la validità della notifica effettuata al vecchio indirizzo, occorre fare riferimento alle seguenti regole.
Notifiche effettuate al vecchio indirizzo tra il 19.12.2003 ed il 3.7.2006 incluso
Tali notifiche sono nulle, anche se avvenute dopo pochi giorni dal cambiamento di indirizzo. Ciò per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 360 del 19.12.2003, che ha stabilito che le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo del contribuente hanno effetto ai fini delle notificazioni dal momento stesso della avvenuta variazione anagrafica e non dal sessantesimo giorno successivo, come previsto dall’articolo 60, ultimo comma, del D.P.R. n. 600/1973, dichiarato incostituzionale.
In questo arco temporale, dunque, le variazioni di indirizzo del contribuente producevano effetto immediato, senza l’obbligo, a carico del contribuente, di comunicare la variazione all’ufficio competente. Conseguentemente gli atti di accertamento notificati in tale periodo al vecchio indirizzo del contribuente sono nulli.

Notifiche effettuate al vecchio indirizzo dopo il 4.7.2006

Dopo il 4.7.2006, le variazioni di indirizzo producono effetto dopo trenta giorni. Pertanto, dopo la data suddetta, le notifiche effettuate al vecchio indirizzo sono valide se effettuate entro il trentesimo giorno successivo a quello dell'avvenuta variazione.

Ciò in quanto il 4.7.2006 è entrato in vigore il d.l. 223/06 convertito nella legge 248/06, il cui articolo 37, comma 27, prevede: “le variazioni di indirizzo, ai fini delle notifiche, hanno effetto a partire dal trentesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta variazione anagrafica o, per le persone giuridiche e le società ed enti privi di personalità giuridica, dal trentesimo giorno successivo a quello della ricezione da parte dell’ufficio della comunicazione prescritta nel secondo comma dall'art. 36. Se la comunicazione è stata omessa la notificazione è eseguita validamente nel comune di domicilio fiscale risultante dall'ultima dichiarazione annuale”.

MULTE DEL CODICE STRADALE: TEMPI PER LA NOTIFICA

Dal 13 agosto 2010 la notifica del verbale di accertamento deve essere fatta entro 90 giorni dall'identificazione dei responsabili.
In materia di contravvenzioni previste dal Codice della strada, sono stati ridotti a 90 i giorni entro cui deve essere inviato il verbale di accertamento (prima il termine era di 150 giorni). Il Codice della strada, infatti, prevede per le violazioni commesse dal 13 agosto 2010 che la notifica del verbale di accertamento sia fatta entro 90 giorni dall'identificazione di tali soggetti da quando l'amministrazione è “posta in grado di provvedere alla loro identificazione” considerando ciò che risulta al PRA o all'archivio nazionale dei veicoli.

Va evidenziato in proposito che il giorno da cui iniziano a decorrere i 90 giorni non è sempre quello in cui è stata commessa l'infrazione, bensì quello in cui l'Amministrazione individua il responsabile. Non è quindi facile da stabilire tale momento, che può variare da caso a caso. Va precisato che, per i residenti all'estero, invece, il verbale deve essere notificato entro 360 giorni dall'accertamento, calcolati inequivocabilmente dalla data dell'infrazione.

POLITICA: DUE RISATE CON CROZZA

mercoledì 2 febbraio 2011

NIENTE PIU' TELEFONATE MARKETING A CASA DAL 01-02-2011

Negli ultimi anni si sono moltiplicate le aziende che compiono campagne di telemarketing, per effetto di una maggiore concorrenza nei vari settori dell’economia, soprattutto nei servizi, in cui l’utente-consumatore è sempre più esigente ed avvertito. Ha avuto inizio così un vero e proprio calvario, a carico degli abbonati alla rete telefonica fissa, che spesso quotidianamente devono sorbirsi una o più chiamate per promozioni infinite, che lasciano il più delle volte il tempo che trovano. Adesso, il legislatore sta facendo entrare in vigore una nuova disciplina, che darà un colpo mortale agli imprenditori selvaggi del call center e che punta a tutelare il cittadino-abbonato. In sostanza, chi non vorrà essere disturbato, potrà iscriversi a una cosiddetta “lista delle opposizioni”, grazie a cui non potrà più essere disturbato da alcuna azienda e campagna telefonica. Potranno iscriversi tutti gli abbonati di rete fissa con il numero sull’elenco pubblico, nonché di rete mobile, ma che abbiano pubblicato il proprio numero sull’elenco. Chi non avesse pubblicato il proprio numero, non potrà iscriversi alla lista, se non altro perché non ce ne sarebbe bisogno, essendo le campagne di telemarketing rivolte agli abbonati con numero in elenco. Attenzione, però, a non rilasciare in forma scritta o verbale alcuna autorizzazione a essere chiamati, se non si vuole essere disturbati. Infine, la lista delle opposizioni resta riservata e trattata in modo tale da garantire il diritto di privacy dell’abbonato.
(Data: 01/02/2011