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giovedì 17 febbraio 2011

EDILIZIA: ABUSO - DEMOLIZIONE - ACQUISIZIONE DEL BENE

Il Sig. G. è proprietario di un terreno sul quale ha realizzato un immobile abusivo.

Per tale fatto è stato tratto a giudizio penale, nel corso del quale il Giudice ha disposto il sequestro giudiziario del manufatto.

Nello stesso tempo il Comune emetteva l’ordine di sospensione dei lavori ed in seguito l’ordinanza di demolizione dell’opera abusiva, da eseguirsi entro novanta giorni.

Tale ordinanza, tuttavia, non veniva eseguita da parte del Sig. G., il quale riteneva di non poter intervenire sull’immobile perché sottoposto a sequestro penale.

Decorreva così il termine di novanta giorni fissato nell’ordinanza di demolizione senza che il contravventore procedesse alla demolizione delle opere abusive.

Successivamente interveniva la sentenza del Giudice penale, che dichiarava il reato estinto per prescrizione, disponendo, pertanto, il dissequestro del manufatto abusivo e la sua restituzione a favore dell'ente comunale.

Il Sig. G. chiede se, essendo il reato estinto, non avesse lui diritto alla restituzione dell’immobile.


Al riguardo bisogna analizzare la disciplina contenuta nell’art. 7 della legge 28.2.1985 n. 47, ed ora nell'art. 31 del D.P.R. 6.6.2001 n. 380 (Testo Unico in materia edilizia).

La norma prevede che l’Autorità Comunale, accertato l'abuso edilizio, ingiunge al proprietario ed al responsabile dell'abuso la demolizione dell'immobile abusivo.

Se il responsabile non provvede alla demolizione nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, l'immobile è acquisito di diritto gratuitamente al patrimonio comunale.

Nel caso del Sig. G., non avendo questi ottemperato all’ordine di demolizione, si è verificata automaticamente l’acquisizione dell’immobile in favore dell’Amministrazione Comunale.


Il giudice penale, quindi, ha correttamente disposto la restituzione dell’immobile al Comune anzichè all’imputato.

Va precisato, al riguardo, che la notifica dell'accertamento formale dell'inottemperanza, successivamente alla scadenza dei novanta giorni, prevista dall'art. 31 del D.P.R. 6.6.2001 n. 380, è necessaria solo al fine dell'immissione in possesso del Comune e della trascrizione nei registri immobiliari.

In altre parole, l’omissione di tale notifica e della successiva trascrizione non impedisce l’acquisizione del bene (e dell'area di sedime) al patrimonio comunale, dal momento che tale effetto ablatorio si verifica "ope legis", cioè automaticamente, come conseguenza del decorso del termine fissato nell’ordinanza.

Neppure si può dire che l’ordinanza di demolizione non avrebbe potuto essere eseguita poichè l’immobile si trovava sotto sequestro penale, per cui la sua eventuale manomissione avrebbe inverato il reato di cui all’art. 349 c.p. (violazione di sigilli).
La giurisprudenza, infatti, ritiene che, in presenza di un sequestro penale del manufatto abusivo, il responsabile, tenuto alla demolizione dell’opera in forza dell’ordinanza comunale, ben può richiedere all'autorità giudiziaria procedente l'autorizzazione ad accedere al luogo vincolato ai fini della demolizione stessa.

Alla luce di quanto esposto, possiamo concludere in questo senso: pur essendo il reato prescritto, non si ha diritto alla restituzione dell’immobile perché questo è stato acquisito automaticamente al Comune per effetto dell’inottemperanza all’ordine di demolizione nel termine di novanta giorni.

EDILIZIA: LOTTIZZAZIONE ABUSIVA - REATI URBANISTICI

In via del tutto preliminare osservo che, nel nostro ordinamento giuridico, i reati urbanistici hanno natura di fatti contravvenzionali.

In linea generale, i predetti reati vengono sottoposti alla seguente disciplina:

Sono imputabili all’agente indifferentemente a titolo di dolo o di colpa ex art. 42, comma 4, codice penale;
Il tentativo non è configurabile;
Il concorso di persone viene regolato soltanto dall’art. 110 codice penale;
Non trovano applicazione tutte quelle circostanze che la legge attribuisce ai soli delitti (esempio: circostanze aggravanti previste nell’art. 61 nn. 3 e 7 ed 8 e la circostanza attenuante prevista dall’art. 62 n. 4 c.p.).
Inoltre, i reati urbanistici hanno natura permanente(1) in quanto l’attività criminosa si protrae per tutto il tempo in cui i lavori sono in corso.

Il bene giuridico tutelato dalle norme incriminatrici in materia di abusivismo edilizio non è dato solo dalla necessità di sottoporre l’attività edilizia al preventivo controllo della pubblica amministrazione, ma è rappresentato, anche e soprattutto, dall’interesse sostanziale alla tutela del territorio, il cui sviluppo deve compiersi in rispondenza alle previsioni urbanistiche.

Tutto ciò premesso e riportato osservo che i reati di lottizzazione abusiva(2) vengono, attualmente, disciplinati dal combinato disposto degli articoli 30 primo comma e 44 lett. c) prima parte del testo unico dell’edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380). Pertanto, l’art. 30 descrive le condotte sanzionate (il precetto), stabilendo una duplice definizione di lottizzazione abusiva, materiale e negoziale. Invece, l’art. 44 lett. c) reca l’indicazione delle relative sanzioni penali.

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 30, primo comma, D.P.R. 6.6.2001, n. 380 “si ha lottizzazione abusiva(3) di terreni a scopo edificatorio:

quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabiliti dalle leggi statali o regionali senza la prescritta autorizzazione (cd. lottizzazione abusiva materiale);
nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio (cd. lottizzazione abusiva negoziale).
Inoltre, ai sensi e per gli effetti dell’art. 44 lett. c) prima parte “salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative, si applica l’arresto fino a due anni e l’ammenda da € 15.943 a € 51.645 nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio, come previsto dal primo comma dell’art. 30”.

In sintesi, ricorre la lottizzazione abusiva materiale allorquando sussiste una trasformazione fisica del territorio che è “vietata o non autorizzata”. Più in particolare, la predetta lottizzazione non autorizzata ricorre quando sussiste una trasformazione di terreni a scopo edificatorio attuata in assenza di un provvedimento amministrativo (cd. autorizzazione a lottizzare) che autorizzi la creazione di una nuova maglia di tessuto urbano in una zona non urbanizzata o parzialmente urbanizzata.

La lottizzazione abusiva è una forma di intervento sul territorio più incisiva, per ampiezza e vastità, della costruzione realizzata in difformità o in assenza del permesso di costruire, recando compromissione più grave della programmazione edificatoria.

Invece, ricorre la lottizzazione abusiva negoziale(4) (detta anche documentale o cartolare) allorquando si verifica un’attività giuridica univocamente finalizzata a predisporre la predetta trasformazione. Più in dettaglio la lottizzazione abusiva negoziale sussiste allorquando, pur non essendo ancora state materialmente attuate iniziative di tipo edificatorio, la trasformazione urbanistica dei terreni sia stata predisposta con:

il frazionamento dei terreni medesimi;
attraverso la vendita dei suoli;
il compimento di atti equivalenti al frazionamento ed alla vendita.
In sintesi, la condotta incriminata consiste nella semplice trasformazione giuridica del territorio ossia nel compimento di atti giuridici non ancora oggetto di esecuzione pratica.

Secondo la giurisprudenza risulta essere punibile anche la cd. lottizzazione abusiva mista (frazionamento di un terreno in lotti e successiva edificazione). Quest’ultima ricorre allorquando il soggetto attivo o i soggetti attivi pongono in essere entrambe le condotte (materiale e negoziale), all’interno di un intreccio di atti materiali e giuridici che sono, comunque, finalizzati a realizzare una trasformazione urbanistica.

Nell’elemento materiale del reato di lottizzazione abusiva confluiscono condotte convergenti verso un’operazione unitaria caratterizzata dal nesso causale che lega i singoli contributi dei partecipi diretti a condizionare la programmazione del territorio, riservata agli organi pubblici. (Cassazione penale, sezione III, 24 settembre 1999)

In estrema sintesi, osservo che si configura il reato di lottizzazione abusiva allorquando viene posta in essere un’attività finalizzata ed idonea a snaturare la programmazione dell’uso del territorio stesso quale delineata proprio dallo strumento urbanistico generale.

Il reato in oggetto è un reato comune, di danno, di mera condotta ed avente natura di pericolo.

Inoltre, nell’ipotesi della lottizzazione abusiva materiale sussiste l’evento naturalistico(5) mentre, invece, nell’ipotesi della lottizzazione abusiva negoziale sussiste l’evento in senso giuridico.

In materia edilizia, l’ignoranza sulla legge penale risulta oggi difficilmente invocabile dopo l’introduzione dello sportello unico per l’edilizia, di cui all’art. 5 del D.P.R. n. 380/2001.

Il reato di lottizzazione abusiva è una contravvenzione di natura dolosa per la cui sussistenza è necessario che l’evento sia previsto e voluto dal reo quale conseguenza della propria condotta cosciente e volontaria diretta a limitare e condizionare, con ostacoli di fatto o di diritto, la riserva pubblica di programmazione territoriale. In ultima analisi, osservo che esso è ravvisabile sia nel compimento di atti giuridici, come la suddivisione del terreno e l’alienazione di lotti fabbricabili, sia nella esplicazione di attività materiali, come la costruzione di edifici, ovvero la realizzazione di opere di urbanizzazione allorquando gli anzidetti atti ed attività risultino diretti ad utilizzare e pianificare il territorio a scopi edilizi, in mancanza di piano di lottizzazione convenzionale o di altro equipollente strumento attuativo del piano regolatore generale. Più in dettaglio, affinché si abbia lottizzazione abusiva di un terreno non occorre che le opere di trasformazione urbanistica ed edilizia siano completate, essendo sufficiente il loro inizio in violazione degli strumenti urbanistici o in assenza della prescritta autorizzazione. Pertanto, anche la realizzazione di una strada, sia pure in terra battuta, costituisce opera di trasformazione urbanistica, idonea ad integrare la fattispecie della lottizzazione in senso materiale.

Infine, restano ancora da analizzare, per completezza espositiva, gli aspetti procedurali per il reato in oggetto che non è oblazionabile. Si tratta di un reato di competenza del Tribunale in composizione monocratica che è procedibile d’ufficio dove l’azione penale viene esercitata con il decreto di citazione a giudizio (artt. 550 e ss. c.p.p.); le misure pre-cautelari del fermo e dell’arresto non sono consentite mentre, invece, è ammissibile la misura cautelare reale del sequestro (preventivo, probatorio).

ESEMPIO DI CAPO DI IMPUTAZIONE RELATIVO AL REATO IN OGGETTO

Del reato previsto e punito dagli artt. 30 e 44 lett. c) del D.P.R. n. 380/2001, per avere i Sigg. ri Mevio e Sempronio – in concorso tra loro (art. 110 c.p.), quali acquirenti dai venditori XX e YY – lottizzato abusivamente a scopo edilizio due appezzamenti di terreno di mq ……. ognuno, stabilendo la trasformazione urbanistica ed edilizia dei suoli mediante la vendita dei terreni per quote indivise che, per il numero, l’ubicazione, la previsione di una strada di collegamento tra le particelle vendute, denunziava in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio, parzialmente realizzata mediante la recinzione dei terreni in relazione alle quote vendute e la costruzione di unità immobiliari, in palese violazione delle prescrizioni dello strumento urbanistico del Comune di……..

Fatti avvenuti in…

Data e Luogo

D.P.R. 06 giugno 2001 n.380

Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A) (Suppl. ord. alla Gazzetta Ufficiale - n. 245 del 20 ottobre 2001), errata corrige in Gazzetta Ufficiale Serie gen. - n. 262 del 10 novembre 2001 ed avvisi di rettifica in Gazzetta Ufficiale Serie gen. - n. 264 del 13 novembre 2001 e in Gazzetta Ufficiale Serie gen. - n. 47 del 25 febbraio 2002 (E1).

30 L. (Lottizzazione abusiva). (Legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 18; decreto legge 23 aprile 1985, n. 146, articoli 1, comma 3 bis, e 7 bis; decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, articoli 107 e 109). 1. Si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio.

2. Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica sia in forma privata, aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni sono nulli e non possono essere stipulati né trascritti nei pubblici registri immobiliari ove agli atti stessi non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti l'area interessata. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano quando i terreni costituiscano pertinenze di edifici censiti nel nuovo catasto edilizio urbano, purché la superficie complessiva dell'area di pertinenza medesima sia inferiore a 5.000 metri quadrati.

3. Il certificato di destinazione urbanistica deve essere rilasciato dal dirigente o responsabile del competente ufficio comunale entro il termine perentorio di trenta giorni dalla presentazione della relativa domanda. Esso conserva validità per un anno dalla data di rilascio se, per dichiarazione dell'alienante o di uno dei condividenti, non siano intervenute modificazioni degli strumenti urbanistici.

4. In caso di mancato rilascio del suddetto certificato nel termine previsto, esso può essere sostituito da una dichiarazione dell'alienante o di uno dei condividenti attestante l'avvenuta presentazione della domanda, nonché la destinazione urbanistica dei terreni secondo gli strumenti urbanistici vigenti o adottati, ovvero l'inesistenza di questi ovvero la prescrizione, da parte dello strumento urbanistico generale approvato, di strumenti attuativi.

4 bis. Gli atti di cui al comma 2, ai quali non siano stati allegati certificati di destinazione urbanistica, o che non contengano la dichiarazione di cui al comma 3, possono essere confermati o integrati anche da una sola delle parti o dai suoi aventi causa, mediante atto pubblico o autenticato, al quale sia allegato un certificato contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti le aree interessate al giorno in cui è stato stipulato l'atto da confermare o contenente la dichiarazione omessa (1) (2).

5. I frazionamenti catastali dei terreni non possono essere approvati dall'agenzia del territorio se non è allegata copia del tipo dal quale risulti, per attestazione degli uffici comunali, che il tipo medesimo è stato depositato presso il comune.

[6. I pubblici ufficiali che ricevono o autenticano atti aventi per oggetto il trasferimento, anche senza frazionamento catastale, di appezzamenti di terreno di superficie inferiore a diecimila metri quadrati devono trasmettere, entro trenta giorni dalla data di registrazione, copia dell'atto da loro ricevuto o autenticato al dirigente o responsabile del competente ufficio del comune ove è sito l'immobile] (3).

7. Nel caso in cui il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale accerti l'effettuazione di lottizzazione di terreni a scopo edificatorio senza la prescritta autorizzazione, con ordinanza da notificare ai proprietari delle aree ed agli altri soggetti indicati nel comma 1 dell'articolo 29, ne dispone la sospensione. Il provvedimento comporta l'immediata interruzione delle opere in corso ed il divieto di disporre dei suoli e delle opere stesse con atti tra vivi, e deve essere trascritto a tal fine nei registri immobiliari.

8. Trascorsi novanta giorni, ove non intervenga la revoca del provvedimento di cui al comma 7, le aree lottizzate sono acquisite di diritto al patrimonio disponibile del comune il cui dirigente o responsabile del competente ufficio deve provvedere alla demolizione delle opere. In caso di inerzia si applicano le disposizioni concernenti i poteri sostitutivi di cui all'articolo 31, comma 8.

9. Gli atti aventi per oggetto lotti di terreno, per i quali sia stato emesso il provvedimento previsto dal comma 7, sono nulli e non possono essere stipulati, né in forma pubblica né in forma privata, dopo la trascrizione di cui allo stesso comma e prima della sua eventuale cancellazione o della sopravvenuta inefficacia del provvedimento del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale.

10. Le disposizioni di cui sopra si applicano agli atti stipulati ed ai frazionamenti presentati ai competenti uffici del catasto dopo il 17 marzo 1985, e non si applicano comunque alle divisioni ereditarie, alle donazioni fra coniugi e fra parenti in linea retta ed ai testamenti, nonché agli atti costitutivi, modificativi od estintivi di diritti reali di garanzia e di servitù.

(1) Questo comma è stato inserito dall'art. 12, comma 4, della L. 28 novembre 2005, n. 246.

(2) Si veda altresì l'art. 12, commi 5 e 6, della L. 28 novembre 2005, n. 246, di cui si riporta il testo:

«5. Possono essere confermati, ai sensi delle disposizioni introdotte dal comma 4, anche gli atti redatti prima della data di entrata in vigore della presente legge, purché la nullità non sia stata accertata con sentenza divenuta definitiva prima di tale data.

«6. Per gli atti formati all'estero, le disposizioni di cui agli articoli 30 e 46 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni, si applicano all'atto del deposito presso il notaio e le conseguenti menzioni possono essere inserite nel relativo verbale».

(3) Questo comma è stato abrogato dall'art. 1, comma 1, del D.P.R. 9 novembre 2005, n. 304.

(E1) Ai sensi dell'art. 5 bis, comma 2, del D.L. 27 maggio 2005, n. 86, convertito, con modificazioni, nella L. 26 luglio 2005, n. 148, le disposizioni del capo quinto della parte seconda del presente T.U. hanno effetto a decorrere dal 1° luglio 2006.

D.P.R. 06 giugno 2001 n.380

Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A) (Suppl. ord. alla Gazzetta Ufficiale - n. 245 del 20 ottobre 2001), errata corrige in Gazzetta Ufficiale Serie gen. - n. 262 del 10 novembre 2001 ed avvisi di rettifica in Gazzetta Ufficiale Serie gen. - n. 264 del 13 novembre 2001 e in Gazzetta Ufficiale Serie gen. - n. 47 del 25 febbraio 2002 (E1).

44 L. (1) (Sanzioni penali). (Legge 28 febbraio 1985, n. 47, articoli 19 e 20; decreto legge 23 aprile 1985, n. 146, art. 3, convertito, con modificazioni, in legge 21 giugno 1985, n. 298). 1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative, si applica:

a) l'ammenda fino a euro 10.329 per l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire;

b) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da euro 5.164 a euro 51.645 nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione;

c) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da euro 15.493 a euro 51.645 nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell'articolo 30. La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso.

2. La sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite. Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione. La sentenza definitiva è titolo per la immediata trascrizione nei registri immobiliari.

2 bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi suscettibili di realizzazione mediante denuncia di inizio attività ai sensi dell'articolo 22, comma 3, eseguiti in assenza o in totale difformità dalla stessa (2).

(1) Ai sensi dell'art. 32, comma 47, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, conv., con modif., nella L. 24 novembre 2003, n. 326, le sanzioni pecuniarie previste da questo articolo sono incrementate del cento per cento. Pertanto, le sanzioni contenute in questo articolo sono da considerarsi così incrementate:

lett. a): da euro 10.329 a euro 20.658;

lett. b): da euro 5.164 a euro 10.328; da euro 51.645 a euro 103.290;

lett. c): da euro 15.493 a euro 30.986; da euro 51.645 a euro 103.290;

(2) Questo comma è stato aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. r), del D.L.vo 27 dicembre 2002, n. 301.

(E1) Ai sensi dell'art. 5 bis, comma 2, del D.L. 27 maggio 2005, n. 86, convertito, con modificazioni, nella L. 26 luglio 2005, n. 148, le disposizioni del capo quinto della parte seconda del presente T.U. hanno effetto a decorrere dal 1° luglio 2006.





(1) Il reato di lottizzazione abusiva ha natura permanente, e la permanenza dura sino a quando sussiste una attività edificatoria, atteso che successivamente al frazionamento iniziale anche la condotta successiva, ovvero l’esecuzione di opere di urbanizzazione o la realizzazione di singole costruzioni, protrae l’evento criminoso, attraverso la lesione del monopolio pubblico della programmazione urbanistica. Cassazione penale, sezione III, 26 aprile 2007, n. 19732

(2) In tema di lottizzazione abusiva, la consapevolezza, in capo all’agente, dell’abusività della lottizzazione di terreni si trae dal fatto di dover allegare, per legge, all’atto del trasferimento, il certificato di destinazione urbanistica che contiene tutte le prescrizioni urbanistiche riguardanti l’area interessata. Cassazione penale, sezione III, 28 settembre 2008, n. 36304

(3) In tema di reati edilizi ed urbanistici, l’immutazione di un terreno che conferisca un diverso assetto ad una porzione del territorio comunale integra il reato di lottizzazione abusiva e non quello d’esecuzione di lavori in assenso di permesso di costruire. (Fattispecie nella quale è stata qualificata come lottizzazione abusiva la realizzazione di alcuni cordoli in cemento, eseguita a fini di recinzione del terreno di pertinenza di ciascun fabbricato, costituito da roulottes prefabbricate, accompagnata dall’installazione di fosse imhoff ed apposizione di cancelli carrabili per l’ingresso al terreno). Cassazione penale, sezione III, 26 gennaio 2009, n. 3481

(4) In tema di reati edilizi, ai fini della configurabilità del reato di lottizzazione abusiva negoziale o cartolare, l’elencazione degli elementi indiziari di cui all’art. 30, comma primo, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 non è tassativa nè tali elementi devono sussistere contemporaneamente, in quanto è sufficiente per l’integrazione del reato anche la presenza di uno solo di essi, purchè risulti inequivocabilmente la destinazione a scopo edificatorio del terreno. Cassazione penale, sezione III, sentenza 8 luglio 2008, n. 27739

(5) L’evento in senso naturalistico: cioè un reato incentrato sulla verificazione di un risultato esteriore causalmente riconducibile all’azione dell’uomo. Evento naturalistico è la modificazione del mondo esterno per effetto della condotta, rilevante per il diritto. Evento in senso giuridico è invece la lesione o la messa in pericolo dell'interesse protetto.

ESPROPRI: TERMINI DECADENZA

Quanto agli effetti della decadenza del vincolo preordinato all’espropriazione, l’art. 9, comma 3, del T.U. Espropri prevede che “Se non è tempestivamente dichiarata la pubblica utilità dell'opera, il vincolo preordinato all'esproprio decade e trova applicazione la disciplina dettata dall'articolo 9 del testo unico in materia edilizia approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”. In altre parole, l’area sulla quale insisteva un vincolo preordinato all’esproprio, decaduto perché nel termine quinquennale di sua vigenza non è intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, viene considerata alla stregua di un’area c.d. bianca ovvero priva di destinazione urbanistica, con conseguente applicazione della disposizione di cui all’art. 9 del T.U. dell’Edilizia, che qui di seguito si riporta. “1. Salvi i più restrittivi limiti fissati dalle leggi regionali e nel rispetto delle norme previste dal decreto legislativo del 29 ottobre 1999 n. 490, nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici sono consentiti: a) gli interventi previsti dalle lettere a), b) e c) del primo comma dell'articolo 3 che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse; b) fuori dal perimetro dei centri abitati, gli interventi di nuova edificazione nel limite della densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro; in caso di interventi a destinazione produttiva, la superficie coperta non può comunque superare un decimo dell'area di proprietà. 2. Nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l'edificazione, oltre agli interventi indicati al comma 1, lettera a), sono consentiti gli interventi di cui alla lettera d) del primo comma dell'articolo 3 del presente testo unico che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse. Tali ultimi interventi sono consentiti anche se riguardino globalmente uno o più edifici e modifichino fino al 25 per cento delle destinazioni preesistenti, purché il titolare del permesso si impegni, con atto trascritto a favore del comune e a cura e spese dell'interessato, a praticare, limitatamente alla percentuale mantenuta ad uso residenziale, prezzi di vendita e canoni di locazione concordati con il comune ed a concorrere negli oneri di urbanizzazione di cui alla sezione II del capo II del presente titolo”.

A questo ultimo proposito, si segnala che il Consiglio di Stato, Sez. IV, con la recentissima sentenza 23 settembre 2004 n. 6216, ha affermato che “la scadenza di un vincolo di inedificabilità relativo ad un terreno per l’inutile decorso del quinquennio di cui all’art. 2 della legge 19 novembre 1968 n. 1167 dall’assegnazione - in sede di approvazione del p.r.g. – della destinazione urbanistica di natura vincolistica, non rende l’area interessata priva di qualsiasi destinazione urbanistica, nel caso in cui sussista una specifica disposizione delle norme tecniche di attuazione del p.r.g. medesimo, secondo cui le aree sottoposte a vincoli preordinati all’espropriazione o a vincoli che comportino l’inedificabilità, alla scadenza di tali vincoli, assumeranno una determinata destinazione d’uso.

Come risulta dalla motivazione della sentenza in rassegna, nella specie le norme tecniche di attuazione (che non erano state impugnate) disponevano espressamente che: "Ove le previsioni del PRG, nella parte in cui incidono su beni determinati ed assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all’espropriazione o a vincoli che comportino l’inedificabilità, avessero a perdere efficacia in forza di legge, le aree interessate da dette previsioni assumeranno la destinazione d’uso prescritta per le zone agricole".

Ha osservato in proposito la Sez. IV che conseguentemente l’area in questione, pur dopo la scadenza del vincolo impressole dallo strumento urbanistico, proprio per effetto della ricordata previsione, aveva una precisa destinazione urbanistica. L’onere, imposto in capo al Consiglio Comunale, è quello di attivarsi nell’ipotesi di ricordata automatica destinazione urbanistica, prevista per le aree per le quali siano scaduti i vincoli impressi con il piano regolatore generale. Tale onere, ad opinione della Sez. IV, non riguarda la necessità di stabilire una nuova destinazione urbanistica dell’area stessa, ma è solo finalizzato a verificare che la nuova automatica destinazione non alteri la residua dotazione per le aree per attrezzature e di uso pubblico, provvedendo di conseguenza con apposita variante all’integrazione della dotazione per dette aree (e adottando in tale occasione la disciplina per le aree oggetto anche delle previsioni non più efficaci).

Ad avviso della Sezione IV, pertanto, la norma in parola, lungi dal conferire carattere di provvisorietà all’automatica destinazione agricola prevista per le aree per le quali siano scaduti i vincoli di inedificabilità, si doveva qualificare come norma di salvataggio e al tempo stesso di chiusura del sistema di pianificazione urbanistica comunale, improntato evidentemente all’attualità e all’effettività delle destinazioni urbanistiche, in modo da evitare, per un verso, che possano sussistere aree prive di destinazione urbanistica e, per altro verso, di sollecitare automaticamente l’esercizio dei poteri ufficiosi in materia.

In seguito al decorso del termine di cinque anni dall’imposizione di un vincolo di strumento urbanistico preordinato all’espropriazione, l’area ritorna nella piena disponibilità del proprietario sia pure con le limitazioni derivanti dal nuovo regime urbanistico a seguito della sua trasformazione in “zona bianca”. A tale proposito si segnala la sentenza del T.A.R. Sardegna, Sezione II, 2 novembre 2005, n. 2076: “ Il decorso del termine di cinque anni dall’imposizione di un vincolo di strumento urbanistico preordinato all’espropriazione, comporta, ai sensi dell’art. 2 della legge 19 novembre 1968 n. 1187, la decadenza del vincolo stesso e l’area ritorna nella piena disponibilità del proprietario sia pure con le limitazioni derivanti dal nuovo regime urbanistico a seguito della sua trasformazione in “zona bianca”. L’assenza di volumetria riferibile a detta zona non impedisce la realizzazione di un fabbricato edilizio, ove il titolare di essa abbia la disponibilità di ulteriore area con destinazione edificatoria che gli consenta di avere una volumetria sufficiente alla costruzione in progetto”.

Sempre in riferimento alle c.d. zone bianche, occorre sottolineare che la decadenza dei vincoli comporta logicamente il venir meno della disciplina urbanistica di aree soggette a vincoli e la conseguente applicazione temporanea della disciplina delle c.d. zone bianche( T.A.R. Puglia Bari Sez. II Sent., 31/08/2009, n. 2027).

Il Consiglio di Stato ha chiarito che la scadenza del vincolo di P.R.G., di valenza quinquennale e preordinato alla destinazione di alcune aree ad insediamenti di interesse collettivo, comporta che l'area interessata debba intendersi sottoposta all'applicazione, in luogo dell'originaria destinazione di zona, del regime proprio delle zone bianche (Consiglio di Stato Sez. IV Sent., 29/05/2008, n. 2570).

Alle zone bianche vanno assimilate solo le aree per le quali era stata dettata, a livello di Piano Regolatore Generale, una disciplina vincolistica, successivamente decaduta per mancata attuazione nel quinquennio.

In tale situazione viene palesemente a mancare la programmazione d'uso del territorio e non potrebbe che riespandersi illimitatamente lo ius aedificandi insito nel diritto di proprietà. Tuttavia, l'interesse pubblico ad uno sviluppo edificatorio organico viene tutelato dalla norma di salvaguardia posta dall'art. 4 della L. 10/1977, destinata ad operare là dove non sia altrimenti desumibile la volontà degli organi pubblici preposti alla pianificazione urbanistica (T.A.R. Lazio, Sez. II bis, n. 5292/2001 e T.A.R. Campania Napoli Sez. II Sent., 11/04/2008, n. 2080).

Alla luce delle esposte argomentazioni, la cessata efficacia di un piano attuativo, in tutto o in parte non eseguito, non rende l'area interessata priva di disciplina urbanistica, ma risulta soggetta alle prescrizioni di cui all'art. 4, ultimo comma, della legge 28.01.1977 n. 10, norma oggi confluita nell'art. 9 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (d.P.R. n.380/2001).

Tale norma, nello specifico, consente fuori dal perimetro dei centri abitati, gli interventi di nuova edificazione nel limite della densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro e, in caso di interventi a destinazione produttiva, la copertura della superficie fino a un decimo dell'area di proprietà, salvi limiti più restrittivi fissati dalle leggi regionali. Al secondo comma aggiunge che sono altresì consentiti gli interventi di ristrutturazione edilizia e in particolare gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l’eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. In tale ambito di ristrutturazione sono ricompresi anche gli interventi di demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica.

Pertanto, nelle c.d. zone bianche è legittimo un intervento di ristrutturazione e di trasformazione degli organismi edilizi.

Il decorso infruttuoso del quinquennio comporta, in ulteriore ipotesi, l'immediata cessazione dell'efficacia dei vincoli urbanistici, non semplicemente della loro esecutorietà, bensì della loro stessa esistenza quale previsione urbanistica, con la conseguenza della necessaria riespansione delle ordinarie facoltà dominicali di utilizzazione del bene da parte del titolare.

È, pertanto, illegittimo il diniego di concessione edilizia eventualmente opposto dal Comune al cittadino in ragione del fatto che l'area interessata sia divenuta, per scadenza del vincolo, "zona bianca", ossia priva di disciplina urbanistica, tanto più qualora l'area dovesse essere ricompresa in una zona non sfornita in assoluto di disciplina urbanistica. In tale ultima ipotesi, infatti, non può operare nemmeno l'art. 4 comma ultimo lett. b) l. n. 10 del 1977 che ammette per le zone bianche esclusivamente interventi di risanamento e manutenzione (TAR Napoli, Sez. II, 22 novembre 2007 / 7 dicembre 2007, n. 15830).

Il carattere delle zone bianche è, sostanzialmente, provvisorio.

Infatti, è incontrovertibile che i limiti di edificabilità riconducibili alle zone bianche hanno per loro natura carattere provvisorio. E’ preciso obbligo dell'amministrazione di colmare al più presto ogni lacuna verificatasi nell'ambito della pianificazione urbanistica dettando per tali zone una nuova disciplina urbanistica (T.A.R. Campania Napoli Sez. II Sent., 31/07/2009, n. 4606 e T.A.R. Puglia Bari Sez. I Sent., 06/05/2008, n. 1079).

Ebbene, la mancanza di un piano particolareggiato o di altro strumento attuativo non può essere legittimamente invocata ad esclusivo fondamento di un eventuale diniego di concessione edilizia, potendosi giustificare la reiezione soltanto nel caso in cui l'amministrazione possa dimostrare che di tali strumenti attuativi vi sia effettiva necessità a causa dello stato di insufficiente urbanizzazione primaria e secondaria della zona. Pertanto l'assenza di strumenti urbanistici attuativi non può costituire ragione idonea, da sola, a correggere il diniego al rilascio della concessione edilizia (T.A.R. Puglia Lecce Sez. I Sent., 19/11/2009, n. 2796).

Ed in vero, l'applicazione indiscriminata, nelle aree già vincolate da piani attuativi, della normativa paralizzatrice di qualsiasi nuova edificazione non soltanto non appare rispondente, in linea di principio, alla ratio a cui si conforma la disciplina delle zone bianche - disciplina prevista per situazioni di assenza di programmazione urbanistica di rango primario - ma verrebbe a reintrodurre un vincolo di inedificabilità senza motivazioni e a tempo indeterminato, in contrasto con i principi consolidati e con evidenti profili di incostituzionalità (T.A.R. Lazio, II bis, n. 7479/2001 e T.A.R. Campania Napoli Sez. II Sent., 11/04/2008, n. 2080).

Dacché i procedimenti per l'adozione degli atti amministrativi generali di pianificazione e di programmazione sono - ex art. 2, L. 7 agosto 1990, n. 241 - soggetti al dovere di conclusione del procedimento e poiché i limiti di edificabilità riconducibili alle zone bianche hanno carattere provvisorio, l'Amministrazione comunale ha il preciso obbligo di provvedere in tempi brevi e con sollecitudine, colmando al più presto ogni lacuna verificatasi nell'ambito della pianificazione urbanistica. Sarebbe altresì illegittimo, pertanto, il silenzio serbato dall'Amministrazione la quale non avesse concluso, in tempi ragionevoli e senza fornire motivazione alcuna in ordine alle eventuali ragioni del ritardo, il procedimento finalizzato alla adozione del nuovo strumento urbanistico generale (T.A.R. Puglia Bari Sez. I, 06/05/2008, n. 1079).

In definitiva, ove sia venuta meno la pianificazione attuativa e ove l'amministrazione comunale non abbia provveduto in tempi brevi a colmare la lacuna verificatasi, il cittadino e gli uffici tecnici, per individuare i limiti della vigente disciplina di uso del territorio, dovranno fare riferimento agli strumenti urbanistici generali, come se mai avesse operato alcun vincolo (T.A.R. Campania Salerno Sez. II, 14/02/2002, n. 114).