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martedì 4 settembre 2012

CATASTO: Case rurali


Case rurali con autocertificazione di Gian Paolo Tosoni 09 agosto 2012 Scade il 1° ottobre (il 30 settembre è domenica) il termine per la presentazione delle domande per il riconoscimento della ruralità dei fabbricati già iscritti nel catasto urbano in categorie catastali diverse dalla A6 per le abitazione e D10 per le costruzioni strumentali. Sul sito internet dell'Agenzia del Territorio, è stato pubblicato il comunicato previsto dal decreto ministeriale 26 luglio 2012 che stabilisce le modalità di presentazione agli Uffici provinciali, delle domande e delle autocertificazioni per l'inserimento negli atti catastali del requisito di ruralità. Il decreto ministeriale 26 luglio 2012 (si veda anche «Il Sole 24 Ore» del 3 agosto), ha fissato due principi importanti in ordine alla classificazione catastale delle costruzioni rurali: - la natura di fabbricato rurale, autocertificata dal proprietario o dal titolare di diritti reali sul medesimo, comporta una semplice annotazione catastale e non il cambio della categoria; questa regola vale in ogni caso per i fabbricati abitativi e anche per quelli strumentali diversi da quelli censibili nella categoria D10. Ne consegue che, ad esempio, un locale di deposito di cereali, censito nella categoria C2 rimarrà classificato come tale con la annotazione di fabbricato rurale; - la presentazione delle domande e l'inserimento negli atti catastali della annotazione di ruralità produce effetti a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda (articolo 7 del Dm 26 luglio 2012). Questa precisazione da un lato è opportuna in quanto chiarisce la vera motivazione di questo provvedimento che è quello di offrire una protezione per i contribuenti dagli accertamenti Ici, però crea una ingiusta spaccatura con il passato; infatti per il 2006 e gli anni precedenti, per i quali è copioso il contenzioso tributario, i comuni potranno invocare la mancanza dei requisiti per le costruzioni iscritte all'Urbano in categorie diverse dalla A6 per le abitazioni e D10 per quelle strumentali. Il decreto ministeriale ha previsto la documentazione necessaria: domanda di riconoscimento della ruralità (allegato A) e autocertificazioni (allegato B per le abitazioni ed allegato C per i fabbricati strumentali); il provvedimento sostituisce il precedente decreto 14 settembre 2011 ma di fatto è uguale. Il comunicato del Territorio del 7 agosto ricorda che la documentazione può essere presentata all'Ufficio provinciale dell'agenzia del Territorio competente territorialmente, mediante consegna diretta all'Ufficio, con raccomandata con avviso di ricevimento, tramite fax (articolo 38, Dpr 445/2000) oppure mediante posta elettronica certificata. È possibile anche la compilazione della domanda con modalità informatiche rilevabili sul sito www.agenziaterritorio.gov.it che consente di compilare la domanda in via informatica, con la relativa stampa e con l'attribuzione di uno speciale codice identificativo. In questo caso la trasmissione telematica non è esaustiva in quanto comunque si deve presentare entro il 1° ottobre il modello su carta sottoscritto dal dichiarante
Il chirurgo in sala operatoria corresponsabile per l'errore compiuto dall'anestesista di Patrizia Maciocchi Cronologia articolo4 settembre 2012 Concorso in omicidio colposo per il primario che, presente in sala operatoria come chirurgo, non interviene sull'errore dell'anestesista. La Corte di Cassazione, con la sentenza 33615, torna sulla spinosa questione della responsabilità medica negli interventi d'equipe. Nel caso specifico il primario è stato accusato di non aver verificato la corretta preparazione di una paziente prima dell'intervento, a cui non era stato inserito il sondino naso gastrico: un accorgimento considerato indispensabile nell'ipotesi di un'occlusione intestinale. Inutilmente il primario aveva sostenuto che si trattava di un'azione che rientrava nella competenza esclusiva dell'anestesista, al quale, secondo la giurisprudenza di legittimità, il chirurgo avrebbe potuto sostituirsi soltanto nel caso l'omissione dello specialista fosse così «abnorme ed evidente da rientrare nel bagaglio di qualsivoglia sanitario medio». Non si lascia convincere la Suprema corte che afferma invece l'obbligo del controllo preventivo da parte del primario chirurgo al quale resta, nel dubbio, la facoltà di rinviare l'intervento se il malato non corre un pericolo immediato di vita. DOCUMENTI Corte di Cassazione - sentenza n 33615 del 3 settembre 2012 La Cassazione non addossa però al primario la responsabilità delle scelte, anche queste sbagliate, relative al trattamento post operatorio, dal l'«improvvida estubazione al ritardato ricovero nel reparto rianimazione», affermando la sola competenza dell'anestesista. Diverso il trattamento che la Suprema corte ha riservato, con la sentenza 17222 del 9 maggio scorso, al capo di una equipe chirurgica condannato per concorso in omicidio colposo per non aver seguito con la dovuta accortezza i momenti successivi all'intervento. In quell'occasione la Cassazione aveva sostenuto che la posizione di garanzia, rivestita dal capo del "pool" chirurgico non si esaurisce all'interno della sala operatoria ma si estende anche ai momenti successivi e precedenti l'operazione. Sull'attività medica in equipe non c'è ancora un'identità di vedute anche se esiste una giusrisprudenza prevalente. Il nodo da sciogliere è se e in che misura il singolo membro di un'equipe, oltre a eseguire in maniera corretta le azioni che la sua scienza e la sua coscienza comportano, debba verificare e sorvegliare l'operato dei colleghi che possiedono specializzazioni diverse dalle sue e debba essere considerato corresponsabile anche per gli errori e le omissioni altrui. I giudici di legittimità sono per lo più orientati sul principio del legittimo affidamento, grazie al quale i singoli specialisti possono concentrarsi sul proprio lavoro, confidando nell'altrui preparazione. Alla regola fa eccezione il capo equipe che, per la sua posizione sovraordinata mantiene un dovere di sorveglianza nei confronti dei collaboratori. Con la sentenza 46961 del 2011 la Suprema corte è tornata tuttavia a riaffermare il principio generale della corresponsabilità di tutti i membri dell'equipe, pur mitigato dal legittimo affidamento.