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martedì 28 dicembre 2010

ATTENTATO A FINI

L MESSAGGIO 27/12/2010
Editoriale di Belpietro: attentato a Fini
Indaga anche la procura antimafia di Bari
Il direttore di Libero: contattato da persone identificate
"Pagati 200mila euro. Agguato a Andria in primavera"

Maurizio Belpietro

TRANI - La direzione distrettuale antimafia di Bari ha aperto un il fascicolo d'inchiesta relativo al presunto attentato ai danni del presidente della Camera, Gianfranco Fini (perché rientra in un attacco ad un'alta autorità dello Stato) ipotizzato nell'editoriale del direttore di Libero, Maurizio Belpietro. Secondo il direttore del giornale esisterebbe un progetto per colpire il presidente Fini durante una visita istituzionale ad Andria, grosso comune della neo provincia Barletta-Andria-Trani.

Il direttore di Libero scrive che il presunto mandante «si sarebbe rivolto a un manovale della criminalità locale, promettendogli 200mila euro». Il prezzo - riporta Libero - comprenderebbe «il silenzio sui mandanti, ma anche l’impegno di attribuire l’organizzazione dell’agguato ad ambienti vicini a Berlusconi, così da far ricadere la colpa sul presidente del Consiglio». Belpietro sarebbe stato contattato da alcune persone identificate che sarebbero disposte anche a testimoniare.

Secondo il quotidiano, «l’operazione punterebbe al ferimento di Fini e dovrebbe scattare in primavera, in prossimità delle elezioni, così da condizionarne l’esito». Belpietro, è stato ascoltato dal procuratore aggiunto di Milano, Armando Spataro, in merito all’editoriale. All’uscita Belpietro si è limitato a dire: «Sono stato chiamato dal procuratore e sono venuto a riferire quello che ho scritto».

«Che il metodo Boffo fosse ormai una regola affermata per Libero e il Giornale al solo scopo di fare terrorismo psicologico su chi dissente dalla linea del padrone, era ormai chiaro a tutti». Lo affermano in una nota il parlamentare Fli Francesco Divella (presidente del comitato costituente di Futuro e Libertà) e il vicecoordinatore pugliese del movimento, Giammarco Surico, secondo i quali «supera ogni fantasia arrivare a formulare teoremi su falsi attentati che dovrebbero ferire Fini per danneggiare Berlusconi». «Con il fondo di oggi - proseguono - il direttore di Libero ha toccato...il fondo. Adesso ci aspettiamo di tutto. Forse certa stampa farebbe meglio, se ci riesce, ad occuparsi dei gravi problemi che attanagliano il Paese e a riconoscere il profondo senso di responsabilità e di coerenza dimostrato da Fli sia alla Camera che al Senato sulla riforma universitaria».

RIFORMA GELMINI : E' LEGGE

Università, la riforma Gelmini è legge
Dopo la lunga maratona, il via libera definitivo a Palazzo Madama. Fli vota con il Pdl, l'Udc si astiene
NOTIZIE CORRELATE
Stop ostruzionismo, si vota giovedì. La Gelmini: «Si archivia il '68» (22 dicembre 2010) i sì sono stati 161, 98 i no e 6 gli astenuti

Università, la riforma Gelmini è legge

Dopo la lunga maratona, il via libera definitivo a Palazzo Madama. Fli vota con il Pdl, l'Udc si astiene

ROMA - La riforma Gelmini è legge. L'aula del Senato ha infatti dato il via libera definitivo al testo sull'università approvandolo con 161 sì, 98 no e 6 astenuti. Hanno votato a favore Pdl, Lega e Fli. Hanno votato contro Pd e Idv. Si sono astenuti (anche se al Senato vale come voto contrario) Udc, Api, Svp e Union Valdotaine. «La riforma verrà attuata fin dal prossimo anno accademico» ha annunciato il ministro dell'Istruzione nel corso della registrazione di Porta a Porta. La Gelmini ha sottolineato che entro i prossimi sei mesi tutti gli adempimenti e i decreti attuativi saranno approvati.

LE REAZIONI - Governo e maggioranza hanno salutato il via libera alla riforma come un «grande traguardo». È un «passaggio chiave della legislatura» ha detto Maurizio Gasparri. Il presidente dei senatori del Pdl ha inoltre invitato il capo dello Stato ad ascoltare «anche le ragioni di coloro che sono favorevoli alla riforma dell’Università, come ha ricevuto le associazioni studentesche in dissenso». Per il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, la riforma segna la fine della «ricreazione» nel sistema educativo iniziata nel 1968. Plauso anche da parte di Confindustria, secondo cui la riforma Gelmini «consegna finalmente al Paese un sistema universitario nuovo che mette al centro i giovani». Critiche dall'opposizione. «Una cosa che il ministro Gelmini non dice mai - ha dichiarato la capogruppo del Pd Anna Finocchiaro - è che questa è una legge delega e che ci sono ancora circa 50 decreti attuativi da varare. Occorrerà che Camera e Senato tornino con le commissioni a occuparsene. Mi auguro - ha concluso - che in quella sede si possa ancora fare qualche passo in avanti».

TESTO BLINDATO- La maggioranza ha blindato il testo prima del via libero definitivo, evitando di far passare provvedimenti che richiedano un successivo passaggio parlamentare alla Camera. Alcune contraddizioni tra diversi articoli dello stesso testo, evidenziate con forza dalle opposizioni, saranno corrette, come ha annunciato lo stesso ministro Maria Stella Gelmini, nel decreto «Milleproroghe».


«PROTESTE SENZA INCIDENTI» - Alla Camera, intanto, il ministro dell'Interno Roberto Maroni è intervenuto sulle mobilitazioni degli studenti e ha sottolineato che «la giornata di ieri si è svolta ovunque senza incidenti» a differenza di quanto accaduto lo scorso 14 dicembre a Roma. In quell'occasione si registrarono momenti di vera e propria guerriglia urbana e la giornata si concluse con diversi fermi di polizia. «Non c'è stato nessun incidente degno di nota - ha aggiunto il ministro - salvo a Palermo» dove ci sono stati tentativi di assalto alla sede della Regione Sicilia e alla Questura. «Brutta cosa - ha detto Maroni - l'assalto a questa, simbolo della lotta alla mafia. Vedere lanciare pietre, bottiglie e uova contro un avamposto della lotta alla mafia mi ha profondamente rattristato». Il ministro ha concluso affermando che il «diritto al dissenso è sacrosanto e sarà sempre garantito dalle forze dell'ordine ma la violenza sarà sempre contrastata con ogni mezzo».

Redazione online
23 dicembre 2010(ultima modifica: 24 dicembre 2010)

GESTIONE APPALTI – estesa la tracciabilità obbligatoria per le aziende

e novità sono entrate in vigore da martedì 7 settembre 2010.

E’ la lotta alla criminalità organizzata l’obiettivo posto dalla Legge 136/2010 che è stata pubblicata nella GU n. 196, del 23.8.2010, intitolata “Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia”.

Per attuare l’obiettivo di prevenire infiltrazioni criminali, la legge prevede una serie di nuovi obblighi contabili posti a carico delle aziende che partecipano alla filiera: gli appaltatori, i subappaltatori e i subcontraenti nonché i concessionari di finanziamenti pubblici a qualsiasi titolo interessati ai lavori, ai servizi ed alle forniture pubbliche. L’art. 3 pone un obbligo generalizzato a tutti costoro che appunto partecipano nella “filiera” dell’appalto: quello di rendere tracciabili tutti i pagamenti che intervengono nella procedura stessa. In pratica tutti i pagamenti che sono legati ad appalti e finanziamenti pubblici, da chiunque effettuati, devono transitare su conti correnti dedicati anche in via non esclusiva alle commesse pubbliche. Tutti coloro che partecipano all’appalto debbono comunicare alla stazione appaltante gli estremi del conto con il quale effettueranno i pagamenti delle commesse, delle fatture, ecc. Naturalmente le movimentazioni su tali conti debbono essere effettuate con i classici sistemi di pagamento tracciati ossia con bonifico bancario o postale sul quale nella causale deve essere riportato il “codice unico di progetto” (CUP) che occorre richiedere alla stazione appaltante. Anche le spese generali come per esempio gli stipendi ai dipendenti, ai consulenti ai fornitori di beni e servizi devono essere tracciati ma in questo caso è possibile utilizzare altri sistemi di pagamento diversi dal bonifico senza l’obbligo di inserire il codice CUP. Purtroppo non sfuggono neanche le spese minute, quelle per intenderci di economato, d’importo inferiore ai 500,00 euro. La norma infatti dispone che per esse si possono utilizzare sistemi diversi dal bonifico bancario o postale, fermo restando il divieto di impiego del contante e l’obbligo di documentazione della spesa. carte di credito.

Il sistema sanzionatorio previsto dall’art. 6 per chi non rispetta la norma è molto pesante e consiste oltre all’applicazione della clausola risolutiva espressa e quindi nella revoca dell’appalto o del subappalto anche nella multa (commisurata al pagamento effettuato) che varia dal 5 al 20 % per chi paga in contanti e dal 2 al 10 % per chi non utilizza conti dedicati ma altri conti.

Un ulteriore obbligo interviene per quanto concerne il trasporto dei materiali necessari allo svolgimento dell’opera. L’art. 4 dispone infatti che nella bolla di consegna del materiale devono essere indicati ulteriori dati relativi al mezzo di trasporto. Sarà necessario quindi integrare il documento di trasporto (DDT) con l’indicazione del numero di targa del veicolo sul quale si trasporta il materiale e il nominativo del proprietario dello stesso.

Sempre in materia di lavori edili, art. 5, si prescrive l’integrazione del tesserino (di cui all’art. 18 del Decreto 81/2008) in uso al lavoratore che opera nel cantiere, con l’ulteriore indicazione della data di assunzione e nel caso di subappalto della relativa autorizzazione, mentre nel caso lavoratori autonomi dell’indicazione del committente.

FATTURE: PROFESSIONISTA E CLIENTE ugualmente esposti se fittizie

La Corte di cassazione, rigettando i ricorsi, ha affermato in materia i seguenti principi di diritto:

1.che sussiste concorso di persone nel reato fra professionista e cliente in caso di emissione di fatture per operazioni inesistenti
2.che il reato di emissione di fatture inesistenti è da considerarsi comunque unitario, anche in presenza della emissione, nel corso dello stesso periodo di imposta, di una pluralità di fatture per operazioni inesistenti, al fine di evitare una possibile “duplicazione” dell’imputazione in relazione a elementi passivi fittizi esposti in un’unica dichiarazione.
Quanto al punto 1, la Suprema corte ha evidenziato che il giudice di appello ha ritenuto essenziale il ruolo della commercialista, non in quanto moglie del contribuente/imputato, bensì per due rilevanti circostanze:

•riguardo al reato di utilizzazione di fatture di acquisto false, perché presso il suo studio erano state rinvenute numerose fatture (fittizie) che non risultavano contabilizzate dalle imprese emittenti, ma che venivano annotate nella contabilità dell’imputato
•riguardo al reato di emissione di fatture fittizie, perché, sempre nello studio professionale, era stato rinvenuto un timbro identico a quello riportato sulle fatture false.
Relativamente agli altri capi di imputazione della sentenza impugnata, la Cassazione rileva la correttezza formale e materiale dell’operato della Corte d’appello, la quale, con motivazione adeguata e immune da vizi logici, ha accertato (anche attraverso l’assunzione di prove testimoniali) i seguenti elementi univocamente concordanti nel riconoscere la configurabilità delle imputazioni:
- che le fatture di che trattasi erano relative a operazioni inesistenti
- che le stesse erano state annotate nella contabilità dell’impresa emittente e utilizzate nella dichiarazione dei redditi del relativo periodo di imposta (cfr articolo 76 del Tuir)
- che le fatture passive, ideologicamente false, andavano a configurare costi simulati per permettere all’utilizzatore - in virtù del meccanismo che vede il reddito di impresa quale differenza tra ricavi conseguiti e spese sopportate (cfr articoli 55 e seguenti del Tuir) - l’abbattimento della base imponibile su cui calcolare le imposte (redditi e Iva) in evasione d’imposta.

Al riguardo, la Corte regolatrice evidenzia l’ineccepibilità dell’assunto della sentenza gravata nel considerare che il reato di cui all’articolo 2 Dlgs, che sanziona “chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi passivi fittizi”, non richiede la realizzazione del fine di evadere le imposte e, per l’effetto, il verificarsi del danno erariale, trattandosi di reato non di danno, ma di pericolo e di mera condotta.

Occorre a questo punto chiarire che per l’integrazione della fattispecie delittuosa di emissione di fatture per operazioni inesistenti, disciplinata dall’articolo 8 del Dlgs 74/2000, è sufficiente che l’emittente delle fatture si proponga il fine di consentire a terzi l’evasione d’imposta (dolo specifico), senza che rilevi l’effettiva evasione, non essendo questo un tratto distintivo del reato (cfr Cassazione 26138/2010).

Nella specie, è stato infatti escluso il concorso tra chi si avvale di fatture per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo (Cassazione 10394/2010). Nella sentenza di primo grado, è scritto infatti chiaramente che i coniugi imputati vanno ritenuti responsabili del reato (articolo 8, comma 3, Dlgs 74/2000), avendo emesso le tre fatture per operazioni inesistenti con l’evidente finalità di consentire al terzo implicato, il quale le aveva indicate nella propria contabilità, l’evasione delle imposte sul reddito e sul valore aggiunto. Il terzo risponde invece del reato di cui all’articolo 2 per aver utilizzato dette fatture.

Ai sensi del comma 2 dell’articolo 8 del Dlgs 74/2000, è da considerarsi unitario il reato per fatturazione inesistente anche in presenza dell’emissione, nel corso del medesimo periodo di imposta, di una pluralità di fatture della stessa specie: in tal caso, sotto l’impero della vecchia normativa (articolo 4 della legge 516/1982), si aveva una pluralità di reati unificabili dal vincolo della continuazione (Cassazione 10207/1997).

Il giudice di legittimità, nel passaggio chiave della motivazione della sentenza, ha poi evidenziato che l’articolo 9 del Dlgs 74 (norma speciale rispetto a quella generale dell’articolo 110 del codice penale) esclude il concorso di persone, nei casi di emissione o utilizzazione di fatture false, solo qualora i due soggetti siano uno l’emittente e l’altro l’utilizzatore. In caso contrario, si incorrerebbe nel divieto del ne bis in idem, in quanto la medesima condotta sostanziale sarebbe punita due volte (Cassazione 24167/2003), (in tal caso, il pactum sceleris non è invece escluso secondo le regole ordinarie dettate dall’articolo 110).

Sicché, in ultima analisi, queste le conclusioni della Cassazione, la disciplina derogatoria alle regole del concorso di persone nel reato (per come fissata dall’articolo 9 del Dlgs. 74/2000) non esclude il concorso del commercialista nell’emissione di fatture per operazioni inesistenti (Cassazione 28341/2001), perché, se così non fosse, nella fattispecie in cui il delitto non sia portato a termine “accidentalmente”, il soggetto, ad esempio l’istigatore, pur avendo concorso nel reato con un ruolo rilevante, andrebbe esente da sanzione, sia a titolo di concorso ex articolo 8 sia a titolo di tentativo ex articolo 2, in quanto l’articolo 6 del decreto legislativo 74 esclude, expressis verbis, la configurazione del tentativo per il delitto di cui a quest’ultima disposizione.