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mercoledì 2 febbraio 2011

SALUTE ALIMENTAZIONE: IL CAFFE'

Quando il caffè è troppo amaro
Spesso il caffè del bar lascia in bocca un sapore troppo amaro, quasi a metà strada tra il carbone e il fenolo, con la lingua che rimane impastata a lungo di questo sapore, tanto che i fumatori si accendono subito una sigaretta per toglierlo.
E' colpa del torrefattore e il trucco è simile a quello del ristoratore che mette molto pepe nella bistecca per nasconderne l'età avanzata: avendo usato una miscela scadente, il torrefattore ha spinto a fondo la tostatura dei grani per mascherare l'eccessiva quantità di "robusta", la specie di caffè meno pregiata e tanto più scadente quanto più proviene da certi Paesi africani o indonesiani come il Camerun, la Malaysia o lo Zaire. Perché il barista usa una miscela scadente?
La risposta è semplice, quando stava per aprire il bar ha ricevuto la visita del torrefattore che gli ha offerto gratis tutte le attrezzature per fare l'espresso, comprese le spese di istallazione, chiedendo in cambio che il bar si vincolasse a comprare la sua miscela. Il barista ha accettato.
Va ricordato che i caffè in polvere sono generalmente costituiti da una miscela di due specie, l'arabica e il robusta, mentre una terza specie, il perla, ha un impiego marginale.
L'arabica è più pregiata, ha un sapore più dolce, ha meno caffeina e proviene in massima parte dal Brasile e dall'America centrale. Il robusta è meno pregiato, ha un sapore più amaro perché contiene più caffeina, che essendo un alcaloide è, appunto, una sostanza amara. Ciò non toglie che vi siano in commercio buoni robusta e arabica poco qualitativi; in questo caso la qualità del caffè si può giudicare soltanto dal sapore dell'espresso, anche se il consumatore è condizionato molto dall'uso prolungato della stessa miscela e può non trovare altrettanto gradevole una miscela di qualità obiettivamente superiore.
In sostanza, il caffè è come le sigarette, per cui ognuno si fuma le sue, ovvero quelle alle quali è abituato da tempo e che non cambia facilmente.
Gli italiani pensano di essere intenditori di caffè, ma purtroppo in Italia si importa molto robusta e ormai il gusto si è assuefatto. Soltanto da qualche anno sono apparse confezioni di caffè in polvere della specie arabica e per scoprirle bisogna leggere attentamente l'etichetta.
Al bar è un po' più facile capire "a vista" la qualità della miscela (a parte il sapore): l'espresso fatto con l'arabica presenta in superficie un velo cremoso che si mantiene per qualche minuto anche dopo aver girato lo zucchero con il cucchiaino; viceversa, se c'è molto robusta l'espresso presenta parecchia "schiuma" (non crema) che si sfalda quando si gira il cucchiaino.
Ma quando il caffè è in polvere, ovviamente, non è possibile alcuna distinzione, a meno che il produttore non dia qualche indicazione in etichetta.
Secondo analisi dell'Unione Nazionale Consumatori nelle miscele delle marche note la quantità di arabica varia dal 30 al 60 per cento, nelle altre marche scende al 10 per cento.
Non è obbligatorio dichiarare in etichetta la composizione della miscela, anzi sembra vietato, poiché in base ad un DPR del 1973 (n. 470) la miscela di caffè in polvere deve essere messa in vendita con la denominazione "miscela di caffè" seguita eventualmente da una denominazione di fantasia che non faccia comunque riferimento a una specie. Ciò perché nel 1973 non c'era ancora un metodo di analisi per verificare le percentuali di arabica e di robusta nel caffè in polvere, ma oggi il metodo c'è e sarebbe il caso di cambiare le norme.

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